Lutto: Aosta ha dato l’ultimo saluto al dottor Gianluca Iob
Il funerale è stato celebrato oggi nella chiesa di Sant'Orso, tante persone in piedi e sul sagrato, omelia intensa e accorata
«Se il chicco di grano caduto sul terreno non muore, rimane solo, se muore produce molto frutto». Così ha esordito don Aldo Armellin nell’omelia del funerale di Gianluca Iob, medico chirurgo vascolare in servizio all’Ospedale regionale “Umberto Parini” e collaboratore alla Technos medica di Saint-Christophe, trovato senza vita ieri mattina nella sua abitazione ad Aosta, a soli 55 anni, probabilmente per un malore. La celebrazione si è tenuta oggi alle 14.30 in una chiesa di Sant’Orso gremita.
«È venuta la sua ora, in maniera improvvisa, in una forma che resta stupiti e svuotati», ha proseguito don Aldo. «Siamo numerosi a testimoniare la stima e l’affetto alla famiglia. Un popolo credente che non si rassegna alla morte e dà fiducia alla vita. Viene l’ora per tutti. Chi in modo improvviso chi dopo una malattia che dura per anni. La perdita di una persona cara è sempre un vuoto. Intratteniamo nella nostra vita terrena relazioni di diverso genere, amore, amicizia, lavoro, e quando vengono meno lasciano un vuoto. Dio ha posto un limite alla nostra vita terrena per aprirci le porte verso l’eternità. La salvezza è offerta a tutti. Abbiamo chiesto che il nome del nostro fratello Gianluca sia scritto nel libro della vita dell’Apocalisse, nel libro dei salvati, non dei morti.
E ancora, ricordando il dottor Iob: «Era una presenza costante affidabile, una persona che non cercava i riflettori. Incarnava competenza responsabilità e dedizione, l’essenza della professione medica. La sua profonda umanità ha sostenuto tanti malati. Queste qualità non nascono all’improvviso. Fare del bene e lavorare con umanità nasce dalla consapevolezza che lasciamo una traccia se facciamo del bene. Ci sono miliardi di persone al mondo, ognuno di noi è un chicco di grano che trova un senso facendo della propria vita un dono, non tenendola solo per sé. Altrimenti non porterebbe alcun frutto».
(elena rembado)

