Se i saldi non possono salvare una stagione
Mille negozi al giorno in Italia chiudono i battenti. E’ con questo dato impietoso che giovedì 2 gennaio è partita la stagione dei saldi in Valle d’Aosta. Una partenza in anticipo rispetto al passato e al resto in Italia per andare incontro alle richieste dei commercianti: sfruttare l’occasione di proporre i saldi ai tanti turisti presenti in Valle per le festività di fine anno prima che facciano ritorno a casa.
La domanda è d’obbligo? Basterà per salvare la stagione? No. Ma senza dubbio l’anticipo darà una boccata d’ossigeno in più ai tanti commercianti che quest’ultimo Natale hanno registrato un calo vertiginoso delle vendite, soprattutto nel comparto abbigliamento/scarpe e accessori.
Essendo figlio di commerciante, ho vissuto negli ultimi quarant’anni l’ascesa e il declino del commercio al dettaglio. E proprio per esperienza posso affermare che i saldi hanno il potere di “rattoppare” una situazione, ma non certo di “salvarla”. Il perché sta tutto nei numeri. Il commerciante, infatti, se acquista una merce a 100, la rivende (se riesce a rivenderla) a 200 (c’è qualcuno che la rivende a 200 + Iva). Il suo guadagno finale, tolte le spese di locazione, dell’eventuale personale, commercialista e imposte varie si aggira intorno al 30%. I saldi servono solo a recuperare quanto già speso per l’acquisto iniziale se lo sconto non supera realmente il 30%, mentre se è più alto (50-70%) o non è reale, o produce comunque una perdita al commerciante, il quale a questo punto ha un solo obiettivo: svuotare i magazzini di merce invenduta, ma probabilmente già pagata.
Anche in Valle d’Aosta assistiamo quotidianamente a chiusure di negozi. Resistono quelli storici (e non tutti) e quelli che offrono prodotti che la grande distribuzione non ha, come nelle boutique, per esempio, le quali oltre a prodotti di qualità e magari made in Italy, hanno come valore aggiunto la professionalità, l’affidabilità e l’esperienza del venditore.
Discorso a parte va fatto per l’e-commerce, in crescita esponenziale, che sempre più attira un pubblico giovane, il quale ormai raramente acquista qualcosa in negozio (soprattutto capi di abbigliamento), preferendo internet, dove le offerte ci sono tutto l’anno, in barba ai regolamenti ai quali devono sottostare i commercianti tradizionali.
Per far ripartire il commercio c’è una strada sola: far ripartire i consumi. Solo se l’Italia uscirà dalla crisi, con le imprese che torneranno a dare lavoro, il commercio, qualunque esso sia, potrà sopravvivere. Altrimenti le serrande che chiuderanno saranno molte di più rispetto a quelle che apriranno.