Inchiesta costi della politica, le difese di Alpe: «Presupposti affinché il giudice assolva i nostri assistiti»
Ultima udienza prima della sentenza di lunedì 30 marzo, quella in programma questa mattina al palazzo di giustizia di via Ollietti, ad Aosta, durata poco meno di due ore e mezza, nell’ambito del maxi processo con rito abbreviato che vede imputati – a vario titolo per peculato, finanziamento illecito dei partiti e indebita percezione di contributi pubblici – 24 tra attuali ed ex consiglieri regionali e funzionari di partito, tutti finiti nelle pieghe dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Aosta sulle presunte ‘spese pazze’ dei gruppi consiliari di Alpe, Fédération Autonomiste, Pd, Pdl e Union valdôtaine nella XIII legislatura, nel periodo compreso tra gli anni 2009 e 2012.
Più nel dettaglio, questa mattina è toccato alle arringhe difensive di Alpe, a cui vengono contestate spese per 97.600 euro tra peculato (13.000) e finanziamento illecito (84.600), per le quali l’accusa ha chiesto la condanna di tutti e cinque gli imputati del gruppo (Giuseppe Cerise a un anno per peculato e finanziamento illecito, Chantal Certan a 2 mesi 20 giorni e 1.200 euro di multa per finanziamento illecito, Alberto Chatrian a un anno per peculato e finanziamento illecito, Roberto Louvin a un anno 6 mesi per peculato e finanziamento illecito e Patrizia Morelli a un anno 4 mesi 20 giorni per peculato e finanziamento illecito).
Per quanto riguarda la posizione del consigliere regionale Chantal Certan, secondo l’avvocato Nilo Rebecchi si tratta «della cenerentola di queste richieste di rinvio a giudizio. Viene contestato un unico episodio relativo a una spesa che sarebbe stata pagata con i soldi del gruppo consiliare invece che dal movimento, come ritiene il pubblico ministero. Riteniamo che la spesa sia assolutamente coerente con le finalità attribuite al gruppo consiliare, pertanto il reato, già solo per questo motivo, è insussistente in fatto».
Per quanto concerne l’altro legale di Alpe, l’avvocato Claudio Maione, all’uscita dall’aula ha affermato che i suoi assistiti «hanno documentato sempre tutto, in modo puntuale, preciso, onesto e trasparente, nonostante la legge regionale non prevedesse alcun obbligo di allegazione e di conservazione delle pezze giustificative. Si è sempre trattato di spese inerenti, e quindi legittime, per noi c’erano i presupposti affinché la Procura chiedesse l’archiviazione, ci sono dunque i presupposti affinché il giudice assolva perché i fatti non sussistono».
Il legale degli attuali consiglieri regionali di Alpe, Patrizia Morelli e Alberto Chatrian, l’avvocato Erica Gilardino di Torino, ha commentato: «Voglio ribadire la correttezza e l’attenzione con cui queste spese sono state effettuate e quindi l’assoluta assenza di qualunque intento di arricchimento con soldi pubblici. Il gruppo Alpe ha dimostrato, tenendo gli scontrini e condividendo ogni scelta di spesa, di aver ben chiara l’importanza di ciò che faceva e degli interessi che dovevano essere tutelati con queste scelte».
Al termine delle arringhe difensive, ha quindi preso nuovamente la parola il procuratore capo di Aosta, Marilinda Mineccia, che dopo le richieste di condanna formulate il 13 marzo scorso al termine della sua requisitoria, ha voluto porre l’accento su alcuni aspetti nel corso delle sue repliche, che non hanno risparmiato diversi momenti di discussione accesa con alcuni avvocati difensori. «Ho voluto sottolineare la funzione pubblicistica dei gruppi sancita da una sentenza della Corte Costituzionale – ha spiegato il procuratore capo all’uscita dall’aula -. Noi adesso siamo qui e attendiamo la sentenza del giudice, per quanto mi riguarda ho seguito dei criteri identici e rigorosi per tutti». In riferimento ad alcuni passaggi piuttosto accesi del dibattimento in aula, il procuratore Mineccia ha dichiarato: «Ciascuno di noi difende con convinzione quello che ha fatto, i difensori naturalmente vedono le cose dal punto di vista dei loro assistiti e quindi magari a volte dicono delle cose che sono assolutamente giustificati a dire, ma che io oggi ho ripreso perché mi sono sembrate non perfettamente congruenti al lavoro che è stato fatto».
La sentenza del gup del Tribunale di Aosta, Maurizio D’Abrusco, dopo le ultime repliche da parte di alcune difese, è attesa nel pomeriggio di lunedì 30 marzo.
Nella foto gli avvocati del gruppo Alpe, Erica Gilardino di Torino e Claudio Maione di Aosta, questa mattina in aula.
(pa.ba.)