Cgil all’attacco: «Jobs Act è specchietto per le allodole, non crea occupazione»
«Il Jobs Act è come uno specchietto per le allodole, riduce i diritti con l’intento di rendere i lavoratori più ricattabili, una via di competizione al ribasso». Non usa mezzi termini Corrado Barachetti, responsabile dell’area contrattazione e mercato del lavoro della Cgil nazionale che mercoledì ha preso parte, nella sede Cgil di Aosta, alla giornata d’informazione ai quadri e delegati proprio in materia Jobs Act. «Il Jobs Act è frutto di cinque provvedimenti legislativi chiari e quattro in divenire – spiega ancora Barachetti -, con i dati Istat che parlano di una produzione di 13 posti di laboro: solo per pareggiare il trimestre 2014 ne servirebbero almeno 200mila in più. Il Jobs Act, insomma, è una strategia del governo con cui soggiogare organizzazioni sindacali e datori di lavoro, una filosofia da rigettare che fa pagare la riforma al lavoratore attraverso la rinuncia ai propri diritti. Lo Stato – calca ancora la mano Barachetti – ha abdicato al proprio ruolo di sviluppo del paese consegnandolo alle imprese». Stando alla CGIL, il governo Renzi sarebbe il secondo a intervenire sullo Statuto dei Lavoratori senza ottenere aumento delloccupazione. «Questo provvedimento, però, non abolisce le tante forme di precarietà – sottolinea il segretario regionale della Cgil Domenico Falcomatà -. E’ falso affermare che questa norma produca posti di lavoro, semmai può distruggerli. Non è vero che diminuire le tutele aumenti loccupazione; nel provvedimento non cè neppure labolizione delle tante forme di precarietà. Come Cgil abbiamo contrastato in tutti i modi questa riforma, sin da quando avevamo capito che l’intento era quello di indebolire i diritti dei lavoratori. Noi vogliamo un mondo del lavoro che abbia tutele universali, mentre il governo ha fatto un’altra scelta, decidendo di togliere diritti. La contrattazione è fondamentale: dobbiamo combattere le diseguaglianze e la scommessa è quella di utilizzare le tutele dei lavoratori che oggi rappresentiamo per includere i più deboli che ne stanno fuori».
(al.bi.)