Crack Union Security Vallée: condannata la «testa di legno»
Con due diversi atti, stipulati nell’ordine l’8 e il 18 ottobre 2010, aveva rilevato l’intero capitale sociale della società di vigilanza Union Security Vallée di Pollein, rimanendone di fatto amministratore unico per soli 13 giorni, visto che l’azienda cessò qualsiasi attività il 31 ottobre 2010 perché ormai in stato fallimentare.
Un’operazione, quella a cui si prestò la «testa di legno» Cosimo Ienco, 54enne originario di Reggio Calabria, che questa mattina gli è costata il processo per concorso in bancarotta fraudolenta documentale davanti al collegio del Tribunale di Aosta presieduto da Massimo Scuffi.
Il sostituto procuratore Pasquale Longarini aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato «per non avere commesso il fatto», mentre i giudici l’hanno condannato a sei mesi di reclusione per «l’omessa tenuta delle scritture contabili», rigettando nel contempo la richiesta di provvisionale da 300.000 euro avanzata dall’avvocato Elena Dondeynaz in rappresentanza della platea di creditori della società, dichiarata fallita il 29 ottobre 2013.
La storia societaria
Una storia societaria, quella della Union Security Vallée, che subentrò il 12 aprile 2005 all’allora Valpol Security di Aosta, costellata da gravi irregolarità contabili (l’ultimo bilancio depositato risale al 2008). Ai diversi personaggi coinvolti nel crack, più nel dettaglio, è stato contestato «di non avere tenuto correttamente le scritture contabili ovvero di averle tenute in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e dei movimenti degli affari», sconfinando – pur in assenza di distrazioni – in veri e propri occultamenti delle ingenti perdite di esercizio mediante l’inserimento a bilancio di «riserve e crediti inesistenti nella realtà contabile» perché sistematicamente fittizi.
L’accordo con Ienco
Fittizi come l’ultima – e per certi versi inquietante – variazione a livello di composizione societaria, con Cosimo Ienco a cui il 18 ottobre 2010 – soli 13 giorni prima del termine di qualsiasi attività della società – venne ceduto l’intero capitale sociale (100.000 euro, dei quali soltanto 32.765 versati) pur non avendo pagato «alcunché per tale compravendita». Anzi, c’è di più, perché tra gli atti del fascicolo è saltata fuori una relazione del curatore fallimentare della Union Security Vallée – sentito questa mattina in aula come testimone – che in riferimento alla «strana operazione» dell’ottobre 2010 recita: «Per tale acquisto Ienco non ha versato nemmeno un euro (come da accordi). E ancora più falsi risultano i verbali di aumento del capitale, sottoscrizione e versamento di 100.000 euro stante anche l’assoluta non possibilità economica del medesimo Ienco», che decise di prestarsi per l’operazione fittizia «in cambio di alcuni lavori edili e di 1.000 euro mensili», a suo dire promessi dagli «amministratori di fatto» Raffaele Di Pasquale ed Ezio Morettini, che nell’udienza preliminare del 18 novembre 2015 patteggiarono nell’ordine un mese e 10 giorni (pena finale di un anno e 8 mesi) e quattro mesi (pena finale di 4 anni e 4 mesi) in continuazione con un’analoga condanna a Torino.
In sede di udienza preliminare – così come riportato da Gazzetta Matin sul numero del 21 dicembre 2015 – venne condannata con rito abbreviato a 16 mesi di reclusione Simona Concetta Di Pasquale, amministratore unico della società dal 25 maggio 2009 al 15 marzo 2010, mentre venne assolto «per non avere commesso il fatto» Giuseppe Pistritto, presidente del cda dal primo luglio 2005 al 25 maggio 2009.
L’arringa difensiva
Il legale difensore di Cosimo Ienco, l’avvocato Nicoletta Spelgatti di Aosta, ha sostenuto come «il mio assistito è stato usato come testa di legno, così da fare ricadere su di lui eventuali responsabilità sulla gestione della società ormai avviata al fallimento. C’era un accordo, il fatto è che Ienco ha perfezionato solo la compravendita delle quote, non ha effettuato alcun atto di gestione della società, motivo per cui non è ravvisabile alcuna responsabilità nei suoi confronti, sicuramente mancando l’elemento soggettivo del reato».
(pa.ba.)