Truffa: beni di lusso venduti a turisti inesistenti, sei denunciati
Una maxi truffa a sei zeri. «Innovativa e raffinata», per giunta, che l’ha promossa tra le prime in Italia del genere, se non la prima. E’ quanto scoperto dal Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Aosta, che nei giorni scorsi – nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Aosta – ha notificato a sei indagati i relativi avvisi di conclusione delle indagini preliminari.Si tratta di tre valdostani – i titolari di una società con punti vendita a Courmayeur e Aosta e un loro dipendente – e di altri tre soggetti, ovvero un cliente varesotto che simulò un’esportazione all’estero di un bene di lusso e due cittadini cinesi riconducibili a una ditta con sede a Terni. Ma andiamo con ordine.Già, perché la società valdostana – violando gli accordi commerciali stipulati con la casa madre titolare del marchio dei beni di lusso, in particolare orologi e abbigliamento, nell’ambito della concessione in esclusiva della vendita dei prodotti nei due punti vendita di Courmayeur e Aosta – avrebbe ideato e messo in pratica un nuovo sistema di frode utile all’aumento esponenziale delle vendite e all’evasione delle tasse, truffando così lo Stato e ottenendo nel contempo ricavi – negli anni, più precisamente dal 2009 al 2014 – per svariati milioni di euro.«Ci incuriosì l’Iva a credito molto alta, pari a un paio di milioni di euro, riscontrata in occasione di una verifica fiscale aperta a inizio 2015, Iva a credito che faceva il paio con il numero molto alto di esportazioni», ha spiegato il comandante del Nucleo di Polizia tributaria, Tenente Colonnello Piergiuseppe Cananzi, che ha aggiunto: «A quel punto ci siamo chiesti se queste esportazioni fossero reali, abbiamo scoperto che commercialmente lo erano, anche se fiscalmente erano operazioni italiane ‘mascherate’ sull’estero».Secondo quanto emerso a livello investigativo, anche alla luce di «intercettazioni telefoniche durate 3/4 mesi», gli amministratori della società – con la complicità di un intermediario di origine cinese titolare di un’impresa a Terni, il cosiddetto ‘buyer’ – avrebbero perfezionato l’esportazione soprattutto verso la Cina di quantità considerevoli di beni di lusso utilizzando norme fiscali agevolate in materia di Iva, attestando (falsamente) la presenza nei due punti vendita di cittadini cinesi in realtà mai nemmeno stati in Valle d’Aosta, visto che sarebbe stato il ‘buyer’ – attraverso la semplice esibizione di passaporti – a concludere l’operazione per conto terzi.«Oltre alla violazione degli accordi commerciali stipulati con la casa madre nell’ambito della concessione della vendita del marchio in esclusiva (che prevedeva l’effettiva presenza nel punto vendita del soggetto interessato all’acquisto del bene di lusso, ndr), questo meccanismo ha creato i presupposti per l’evasione fiscale contestata alla società valdostana», ha spiegato ancora il Tenente Colonnello Cananzi, che non ha lasciato spazio a dubbi sulla consapevolezza degli indagati circa la loro condotta illecita. «Ci sono intercettazioni telefoniche che provano il quadro accusatorio», ha commentato.I finanzieri, dunque, hanno ricostruito tutte le operazioni commerciali, «certificando incongruenze, illogicità documentali e fatture soggettivamente inesistenti per 1.250.000 euro», per una conseguente evasione Iva pari a 280.000 euro. L’attività di Polizia tributaria – dalla quale è scattata di fatto l’inchiesta penale – ha certificato inoltre un’evasione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche per 900.000 euro, al termine della quale i titolari della società – aderendo al verbale di contestazione elevato loro – hanno restituito 590.000 euro al Fisco.I reati contestati in concorso ai sei indagati sono di truffa ai danni dello Stato e di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.Nella foto il Tenente Colonnello Piergiuseppe Cananzi e il Maresciallo aiutante Enrico Nunzella mentre illustrano i dettagli dell’inchiesta nel corso di una conferenza stampa.(pa.ba.)