Tentata violenza sessuale a una turista: condannato a cinque anni
Secondo l'accusa il 14 marzo scorso, il 21enne Brahim Samaali avrebbe tentato di violentare e avrebbe rapinato una 38enne svedese in vacanza a Courmayeur
Cinque anni di reclusione, 2.200 euro di multa, pagamento delle spese processuali e interdizione per cinque anni da qualsiasi ufficio. Questa la condanna inflitta mercoledì mattina a Brahim Samaali, 21enne marocchino, per tentata violenza sessuale, rapina, ricettazione di una serie di coltelli e possesso di droga (cocaina in particolare).
Nella seduta collegiale, i magistrati Massimo Scuffi, Anna Bonfilio e Paolo Depaola hanno sostanzialmente dato ragione all’accusa sostenuta dal pm Luca Ceccanti, che per i fatti di Courmayeur (tentata violenza ai danni di una turista svedese di 38 anni, con tanto di rapina) aveva chiesto 6 anni di reclusione e 3.800 euro di multa.
I fatti
Brahim Samaali (difeso dall’avvocato torinese Liala Todde), lo scorso 14 marzo era stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di tentata violenza sessuale e rapina ai danni di una turista svedese, in vacanza con un gruppo di connazionali. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, incontrata in via Roma, Samaali si sarebbe offerto di riaccompagnarla in albergo, salvo poi condurla in un parco, lontano da occhi indiscreti, dove l’avrebbe spinta a terra, tentato di aggredirla sessualmente e, non riuscito per la reazione della vittima (non presente in aula e la cui testimonianza, al pari di quella di un amico accorso intorno all’1.10 in suo soccorso dopo essere stato allertato dalla stessa, è stata acquisita tramite rogatoria internazionale), l’avrebbe rapinata della borsetta, poi abbandonata sul luogo del reato. L’imputazione per ricettazione e possesso di stupefacenti, fa invece riferimento al ritrovamento da parte dei Carabinieri, durante la perquisizione della giornata seguente, di coltelli da cucina professionali presumibilmente rubati e di un quantitativo di cocaina.
L’accusa
Accorata la requisitoria del pm Luca Ceccanti, che in dibattimento ha visto «conclamata con livello di assoluta certezza la colpevolezza» del Samaali, parlando di «testimonianze che collimano con le altre testimonianze acquisite, compresa quella del maresciallo Calderone». Secondo Ceccanti, il luogo del «primo contatto» tra vittima e aggressore è stato «il Bar delle Guide» con l’elemento decisivo rappresentato dalle «videorirprese acquisite dalla telecamera collocata nella boutique, situata qualche metro più avanti rispetto al bar». Inoltre, secondo il pm, il ragazzo sarebbe stato «riconosciuto subito dal maresciallo», ma anche dalla ragazza, visto che qualche ora dopo, alla vista delle immagini «scoppia a piangere». «Significativi elementi a carico» dell’imputato sarebbero anche il «riconoscimento fotografico», operato da un connazionale della vittima, accorso alla sua chiamata di aiuto delle 1.09 e il ritrovamento in un bidone dell’immondizia di «pantaloni con tagli e tracce di terra, incompatibili con la scusa» che fossero stati usati dal Samaali per «pulire casa dalla muffa». I coltelli, poi, erano in «disponibilità dell’accusato, erano occultati e proventi di furto». Sul possesso di stupefacenti, a differenza di quanto sostenuto dal ragazzo, che afferma fossero di un connazionale ospitato per qualche giorno a casa sua, risulta eloquente la testimonianza di «Calderone», il quale afferma che al momento della perquisizione «Samaali ha agito in modo repentino, cercando di ripulire un piatto e di far sparire le tracce».
La difesa
A nulla è servita, invece, la testimonianza resa dall’imputato, Brahim Samaali (presente in aula), e dal suo avvocato, Liala Todde. Il primo ha escluso di aver «mai visto la ragazza», dicendo di «essere uscito da lavoro alle 23-23.30» aver bevuto qualcosa «al Bar delle Guide con amici» e «dopo venti minuti» essere andato «verso la mia casa a La Saxe». Convocato in caserma il mattino seguente, Samaali avrebbe dichiarato di aver incontrato nel tragitto verso casa solo «due ragazzi sardi» e un gruppo di «tre ragazzi e due ragazze ubriachi vicino alla banca». Inoltre, l’imputato ha detto di non «sapere della cocaina» e di non essere stato «agitato durante la perquisizione», concludendo di non aver «aggredito la ragazza; ho cinque sorelle, non voglio che nessuno le tocchi e mai avrei pensato di poter fare una roba del genere».
L’avvocato, invece, aveva chiesto l’assoluzione, puntando su presunte incongruenze, ricordando come l’imputato abbia «sempre manifestato la propria innocenza» e di come, rinchiuso in carcere da tempo «abbia tentato il suicidio due volte». L’avvocato Todde ha poi ricordato come la ragazza fosse «talmente ubriaca che non riusciva a tenere la via», per cui andrebbe verificata «l’attendibilità» e di come non esistano «referti medici». Inoltre, il riconoscimento dell’aggressore sarebbe avvenuto per mano di un connazionale della vittima che avrebbe visto Samaali «a livello del viale alberato (viale Monte Bianco ndr.) dall’altro lato», cioè «a distanza di dieci metri». La vittima, inoltre, avrebbe dichiarato di «aver preso a pugni» l’aggressore, ma «il mio cliente è stato fermato subito dopo e non aveva segni», senza contare il fatto che «aveva vestiti diversi da quelli descritti dalla ragazza». «Un reato di questo genere – ha concluso l’avvocato – avrebbe bisogno di una prova certa, non dovrebbero esserci dubbi».
(alessandro bianchet)