Frode in commercio: allevatori assolti, dissequestrate 500 fontine
Aurelio, Patrick e Tania Jacquemod sono stati processati venerdì mattina e assolti «perché il fatto non sussiste» alla luce del sequestro di settembre portato avanti dalla Forestale di Pré-Saint-Didier
Assoluzione perché «il fatto non sussiste» e dissequestro delle 500 fontine (valore di circa 40-50 mila euro secondo la difesa) sequestrate nel settembre del 2017. Questa la sentenza pronunciata venerdì 29 giugno dal giudice monocratico del tribunale di Aosta, Marco Tornatore, che ha assolto dalle accuse a vario titolo di frode in commercio aggravata in danno di prodotto Dop, falso e induzione in errore di pubblici ufficiali Aurelio Giulio Jacquemod, allevaotre 70 enne di La Thuile, e i figli Patrick (30) e Tania (27).
L’accusa aveva chiesto una condanna, rispettivamente, a 8, 6 e 2 mesi e venti giorni di reclusione.
L’indagine
L’inchiesta era partita nell‘estate del 2017, quando gli agenti della Forestale di Pré-Saint-Didier avevano sequestrato 500 forme di Fontina, prodotte in due alpeggi di La Thuile che, secondo l’accusa, presentavano «locali non ritenuti idonei dalla Forestale – ha detto in aula il pm -. Questi apparivano sudici, privi di porte e con acqua non utilizzabile» e, soprattutto, risultavano «sconosciuti all’Usl». Per l’accusa, inoltre, «i codici identificativi erano abbinati a un altro luogo, con la targhetta apposta sulle forme a identificare con lo stesso numero tutti e tre i luoghi in cui venivano prodotte». Per il pm è «evidente il tentativo di aggirare il controllo del consorzio Fontina Dop».
La difesa
La difesa, rappresentata dagli avvocati Massimiliano Sciulli e Jacques Fosson, dopo aver chiesto il rito abbreviato, ha smontato le tesi portando a conoscenza del giudice «due documenti presenti nel fascicolo, che se letti non avrebbero richiesto approfondimenti e il rischio di rovinare una realtà familiare».
Intanto, secondo Fosson, «la delibera del 2010 sugli alpeggi prevede; che con il nome alpeggio si identifichino casiere, pascoli e tutti i tramuti a varie altitudini usati da mandrie transumanti». Questo prevede che anche se la produzione avviene in «diverse casiere» l’unità fisiologica sanitaria «è sola e unica».
Inoltre, Fosson evidenzia la presenza di documenti «significativi» che parlano di controlli e verifiche all’alpeggio di Chavanne sotto inchiesta: «Se si vuole affermare che sono sconosciuti si dice il falso». Il legale rincara la dose, sottolineando che «gli spostamenti del bestiame avvenivano tutti alla luce del sole» e che l’alpeggio «produce Fontina da dieci anni, premiata anche come migliore al mondo».
Le condizioni igieniche sarebbero state garantite: «Il bagno è tale solo dal censimento – conclude Fosson -, mentre in realtà, come previsto da disciplinare, prevede la conservazione su bancali di legno senza problematiche per la conservazione». Fosson evidenzia un ultimo aspetto, relativo a presunte falsificazioni dei registri: «I numeri corrispondono a quelli dell’alpeggio, forse ci sono in esattezze nella sequenza e alcune fontine prodotte in altura risultano prodotte a Valle – chiosa il legale -. Al massimo è un inconveniente di natura organizzativa, ma il problema è che spesso gli allevatori si affidano a presunti esperti».
(alessandro bianchet)