Estorsione all’amante: il pm chiede 4 anni di reclusione
CRONACA
di Danila Chenal  
il 05/02/2019

Estorsione all’amante: il pm chiede 4 anni di reclusione

Diego Carli, il barese di 49 anni, è accusato di aver raggirato una imprenditrice cinquantenne della media Valle per un ammontare di circa 110 mila euro

Estorsione all’amante: Diego Carli, il barese di 49 anni accusato di aver raggirato una imprenditrice cinquantenne della media Valle per un ammontare di circa 110 mila euro,rischia la condanna a quattro anni di reclusione e 1.500 euro di multa. E’ quanto ha richiesto il pm Luca Ceccanti.

La ricostruzione

Più nel dettaglio, secondo quanto emerso nell’udienza del 2017 – nell’ambito della quale è stata sentita la vittima, costituitasi parte civile nel processo – l’imputato ne avrebbe prima carpito la fiducia, per poi farla innamorare e infine prosciugarle il conto in banca, per un ammontare complessivo di circa 110 mila euro. Il primo incontro tra i due era avvenuto nel novembre 2014, al bar del Casinò de la Vallée di Saint-Vincent. Un’amicizia che in poco tempo si trasformò in qualcosa di più.

Raccontò la donna in aula. «Ero cotta, mi aveva come ipnotizzata. Mi aveva fatto credere che mi voleva bene, io ero sola in casa con i miei problemi». Dopo quattro incontri «intimi», ecco però le prime richieste di denaro avanzate da Diego Carli, prestiti mai restituiti. Tra questi, pure seimila euro chiesti per il fratello, che sarebbe dovuto salire a Torino per sottoporsi a un intervento chirurgico e che poi sarebbe addirittura morto. La circostanza in ogni caso fu smentita dal carabiniere che ha seguito le indagini;  ha affermato al contrario come i fratelli del Carli fossero tutti in vita. Quindi, la trasformazione «da agnello a belva», ha ricordato la vittima in lacrime.

Aggiunse nel raccontare. «Non dovevo parlare con nessuno dei soldi che gli avevo dato;  mi minacciava che avrebbe detto tutto a mio marito. Mi diceva ‘se vuoi la guerra, l’avrai’, oppure ancora ‘non svegliare il can che dorme’». Adduceva che quei soldi gli servivano «per la sua impresa in difficoltà». Un’altra menzogna, considerato che – così come spiegato al giudice monocratico Maurizio D’Abrusco dagli inquirenti – assegni e ricariche Postepay sarebbero in realtà stati utilizzati – tra le altre cose – per «l’acquisto di mobili, macchine ed elettrodomestici».

La difesa

Per la difesa (avvocato Federico Fornoni) «si arriva a 50-60 mila euro sommando le uscite dal conto corrente della signora, ben lontano da 110 mila euro». La presunta vittima è assistita dall’avvocato Ascanio Donadio. E’ attesa il prossimo 15 febbraio la sentenza del giudice monocratico Marco Tornatore. Il processo è nato da un altro procedimento – sugli stessi fatti – per violenza privata, reato che era stato riqualificato dopo la richiesta della stessa difesa durante la discussione. All’epoca, due anni fa, l’accusa aveva chiesto una condanna a due anni di reclusione.

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