Coronavirus, al rifugio Père Laurent di Aosta tamponi diffusi, 4 positivi tra gli operatori
Il Père Laurent di Aosta
Sanità
di Luca Mercanti  
il 31/03/2020

Coronavirus, al rifugio Père Laurent di Aosta tamponi diffusi, 4 positivi tra gli operatori

La struttura socio-assistenziale di Aosta in difficoltà chiede aiuto

Al rifugio Père Laurent di Aosta tamponi diffusi. E’ quanto avverrà nei prossimi giorni. Lo comunica il responsabile della residenza per anziani di via padre Lorenzo, Massimo Liffredo, il quale però chiede aiuto per una situazione diventata pesante.

Il Movimento 5 Stelle stamattina, martedì 31 marzo, aveva posto l’attenzione sul numero di decessi avvenuti nella struttura socio-assistenziale aostana (15).

Liffredo ammette che «nel mese di marzo abbiamo effettivamente avuto più decessi del solito. Non teniamo nascosto niente,  ma non facciamo certo comunicati stampa per questo».

Massimo Liffredo

Liffredo ammette anche che «rispetto al solito – circa 5 morti – nell’ultimo mese e soprattutto nelle ultime due settimane abbiamo registrato molti più decessi. Ma da qui a affermare che si tratta di decessi per coronavirus ce ne passa. Non sono stati fatti tamponi se non a persone che accusavano problemi respiratori. Posso anche dire che alcuni stati febbrili sono rientrati, mentre le persone più fragili non ce l’anno fatta».

Casi positivi

Liffredo rende noto che dei poco più di 100 ospiti attuali in struttura «uno è sicuramente positivo al Covid-19. Allo stesso tempo, 4 sono gli operatori positivi».

Il contatto con i parenti

Se all’inizio della pandemia gli ospiti di microcomunità e residenze private potevano ricevere visite, in seguito è arrivato il divieto assoluto. E la distanza sociale tra persone fragili come gli anziani in struttura e i propri cari è diventata abissale. «Abbiamo sempre informato le famiglie sullo stato di salute dei congiunti – spiega Liffredo -. Tramite le educatrici, le persone che sono in grado possono comunicare telefonicamente con i parenti».

Père Laurent in difficoltà

Da quando è scoppiato in caso Pontey, al Père Laurent le persone in stato febbrile sono state tenute per quanto possibile in isolamento. «Ma la nostra struttura non è un ospedale – spiega Liffredo – e facciamo molta fatica a operare, anche perché trequarti dei degenti non è autosufficiente. Ci viene chiesto impegno, che garantiamo, ma le risorse sono carenti. Dei 60 dipendenti in forza alla nostra struttura, il 40% è assente per malattia o quarantena. Attenzione, però: non significa che siano positivi al Covid-19».

DPI: adesso va bene

All’inizio della pandemia poche informazioni per le strutture socio-assistenziali e scarse disponibilità di DPI, i dispositivi di protezione individuali. «Qualcosa avevamo in giacenza e abbiamo rispettato le prime indicazioni sommarie di sicurezza – conferma Liffredi -. Poi c’è stata carenza anche da noi. Adesso la situazione è normalizzata, tanto che il materiale non manca più».

Richiesta di aiuto

I medici della struttura hanno potenziato il servizio, ma sembra non bastare. «Noi continuiamo a lavorare, ma dobbiamo essere aiutati – dice Liffredi -. Abbiamo carenze di organico, ma non ci siamo mai tirati indietro. Ci viene indicato che i pazienti Covid devono rimanere qui al Père Laurent, ma ripeto: noi siamo una struttura socio-assistenziale e non ospedaliera. Stiamo facendo davvero il massimo e con il massimo impegno».

(luca mercanti)

 

 

 

 

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