Processo Geenna, iniziata la requisitoria dei pm: fuori dal Tribunale applausi per Sorbara
Il pubblico ministero Stefano Castellani ha proposto un lungo excursus sulla presenza della mafia calabrese nella regione alpina
E’ iniziata intorno alle 9.40 di mercoledì 9 settembre la requisitoria dei pm della Direzione distrettuale antimafia di Torino nell’ambito del processo Geenna su presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta in Valle d’Aosta.
In aula, al terzo piano del Tribunale di Aosta, sono presenti tutti gli imputati. Mentre Antonio Raso, Nicola Prettico e Alessandro Giachino (imputati di associazione mafiosa) sono stati accompagnati dalla Polizia penitenziaria e sono entrati a Palazzo di giustizia da una porta secondaria, Monica Carcea (ex assessore a Saint-Pierre accusata di concorso esterno) è arrivata a piedi alle 9.15, accompagnata dai suoi legali. L’ultimo a giungere in via Ollietti è stato Marco Sorbara, il consigliere regionale sospeso imputato per concorso esterno. Ad accoglierlo (non era mai avvenuto nel corso delle scorse udienze) una quarantina di persone che, vedendolo arrivare, si è lanciata in grida di supporto e applausi. «Vai Marco, ce la fai!», hanno urlato in tanti. Sorbara, sostenuto dall’avvocato Corrado Bellora e dal fratello (e difensore) Sandro Sorbara, si è commosso. Tra la folla era presente anche il consigliere comunale Vincenzo Caminiti.
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L’udienza
Il primo a prendere la parola è stato il pubblico ministero Stefano Castellani, il quale sta ricostruendo in aula il reato associativo contestato al consigliere comunale di Aosta Nicola Prettico, al ristoratore aostano Antonio Raso e al dipendente del Casinò Alessandro Giachino.
Dopo aver evidenziato le peculiarità del presunto Locale, definito come un’articolazione autonoma della ‘ndrangheta, il magistrato antimafia ha precisato: «Stiamo parlando di un reato associativo che implica l’esistenza del “capitale relazioni”, cioè l’esistenza di una rete sul territorio».
E secondo la DDA, già con l’indagine del 2000 (poi archiviata) Lenzuolo – incentrata sull’esistenza di un Locale nella regione alpina – era emerso il particolare modus operandi della ‘ndrangheta infiltrata al nord. «Il Locale – ha ricostruito Castellani – operava con modi particolari. Per la tipologia del territorio, certe attività illecite non si potevano fare. Contava solo il rapporto con le istituzioni. Ecco quindi il capitale di relazioni, in particolare con la pubblica amministrazione. E’ chiaro qual era il programma della ‘ndrangheta in Valle: in un’intercettazione», quello che era ritenuto il capo del Locale in Lenzuolo dice: “Noi dobbiamo scalare il partito dell’Union valdotaine e dobbiamo metterci i nostri uomini”. «E’ la stessa cosa che abbiamo registrato» in Geenna, «lo stesso schema».
Ecco perché Lenzuolo «ci ha portato un patrimonio di conoscenza importante. Il 416 bis di oggi non è caduto dal cielo…è una cosa storica. Si parla addirittura degli anni ’70 per l’esistenza di un Locale…Lenzuolo però ci dice che sicuramente almeno negli anni ’80 il Locale c’era».
Dopo aver ricostruito le varie inchieste della magistratura (come Gerbera e Tempus Venit) che, in qualche modo, hanno evidenziato elementi o azioni riconducibili a un ambiente mafioso, il pm ha concluso: «Questa è la storia della ‘ndrangheta in Valle. Non possiamo giudicare un 416 bis se non ci rendiamo conto del territorio in cui l’associazione opera e agisce. Questo non è un territorio vergine dove poi è nato un Locale. Qui, almeno dagli anni ’80, era presente un Locale e aveva caratteristiche particolari». Al centro di tutta l’azione della ’ndrangheta, però, sicuramente – per la Procura – «c’era il rapporto con istituzioni, politica e mondo economico-sociale».
(f.d.)