Aosta: 30 mila euro per il fondo comunale sfrattati “dimenticato”
La Terza commissione ha cominciato l'iter per la revisione del regolamento, ormai dimenticato nel cassetto a causa dei paletti troppo stringenti
Rivedere il regolamento del fondo comunale sfrattati, per renderlo finalmente fruibile, anche alla luce della situazione emergenziale, dopo che per almeno due anni i contributi non sono stati utilizzati, nonostante qualche richiesta fosse pervenuta al Comune.
Si muove su questa linea l’amministrazione comunale di Aosta, che nella terza commissione “Servizi alla persona” ha cominciato ad affrontare l’argomento audendo i rappresentanti di Uppi e sigle sindacali.
Lo scopo è rendere meno complicato un regolamento che, dalla data di istituzione del 2006, spesso ha scoraggiato gli aventi diritto, così da riuscire a destinare in maniera fattiva i 30 mila euro previsti a bilancio.
Uppi
«Fa specie che non siamo mai stati coinvolti nella discussione di un regolamento che esiste dal 2006 – ha sottolineato il vice presidente nazionale dell’Unione piccoli proprietari immobiliari, Jean-Claude Mochet -. È positivo allargare la platea degli aventi diritto, aiutando i soggetti sfrattati nella ricerca di una casa. Crediamo, però, che oltre all’inquilino, in questa fase di blocco degli sfratti, si dovrebbe dare sostegno anche ai proprietari che hanno inquilini morosi e oggetto di sfratti non eseguibili».
Mochet sottolinea come il «cambiare casa sia un problema sociale e comporti anche grandi costi» e propone l’idea di incentivare la permanenza nelle stesse case, «pagando un indennizzo ai proprietari – ha detto -. Anche perché persone con grosse difficoltà economiche non riuscirebbero probabilmente a sostenere un trasloco».
Il vice presidente nazionale ha sottolineato poi un aspetto. «Preoccupano le modalità di versamento del contributo – ha spiegato ancora -; versarli all’inquilino non assicura che arrivino al proprietario i fondi. Sarebbe più semplice dirottarli direttamente al proprietario, come legiferato recentemente dalla Regione».
Jean-Claude Mochet ha ricordato anche la problematica legata alle morosità in materia di «spese di condominio», le quali inficiano anche «l’accesso al Superbonus 110%» e chiede che «il contributo massimo previsto di 300 euro» sia parametrato «al canone che una persona deve sostenere», privilegiando poi la stipula di «canoni concordati».
Mochet ha chiuso chiedendo «risorse», rapidità di intervento, ma soprattutto una «valutazione sulla capacità futura di lavoro della persona – ha chiosato -. Per i proprietari è basilare avere la certezza del contributo, ma anche prospettive legate al futuro dell’inquilino».
E ha chiosato sul Superbonus 110, “bloccato” da alcuni proprietari. «Soprattutto i piccoli proprietari sono restii – ha concluso -; alcuni sono già in difficoltà e non sono in grado di sostenere ulteriori spese».
Il segretario Adolfo Dujany ha auspicato il ruolo di «garante» da parte dell’amministrazione pubblica e si è chieto come sia possibile che se «ignoravamo noi questo contributo» potessero conoscerlo «i cittadini».
Sindacati
La commissione ha poi audito i sindacati, a cominciare da Valter Manazzale della SUNIA Cgil, che ha definito «interessante qualsiasi misura che vada incontro ai cittadini», ma anche proposto la possibilità di trovare un accordo «con la Curia per le case vicino alla Cattedrale – ha detto -. Spesso sono mezze abbandonate e potrebbero entrare nelle disponibilità per affitti agevolati».
Sottolineata la necessità di «qualcuno che garantisca» perché molti proprietari ormai «non si fidano», ha chiuso ricordando come il problema ora sia legato anche al fatto che «il contributo affitti regionale per i nuovi non arriva da almeno sei mesi».
Ramira Bizzotto, Uil Casa, ha posto l’accento sulla necessità di «un regolamento praticabile, altrimenti non ha senso – ha evidenziato -. In momenti così, la certezza di avere un tetto sulla testa e vivere dignitosamente è fondamentale».
Contraria a dare contributi ai privati «in quanto alla fine i canoni sono sempre cresciuti», Bizzotto ha sottolineato la necessità di «una risposta pubblica».
Elogiato l’aumento dei «casi coinvolti», la segretaria Uil ha chiesto «più attenzione» per chi ha l’Isee più basso e un ragionamento sul limite di 24 mesi della misura: «Dopo che facciamo? Diamo loro una casa popolare»?
Marisa Bitto della Cisl Casa ha espresso, invece, la «necessità di rendere più appetibile» il dare in affitto gli appartamenti, magari con interventi «sull’Imu», evitando così che la maggior parte dei proprietari «tenga appartamenti vuoti o li usi come Airbnb».
I commissari
«Questo è un primo passo per una revisione del regolamento e per dare una risposta ai cittadini – ha spiegato il presidente della Terza commissione, Paolo Tripodi -. Siamo consapevoli delle nostre limitate competenze nel settore, ma siamo anche consapevoli che occorra una revisione più organica di tutto l’argomento».
Fabio Protasoni (Pcp) ha chiesto «un intervento di Celva e Regione per riorganizzare la questione», a cominciare dalla gestione del Superbonus 110 e ha proposto «un’iniziativa Comune-Uppi per sensibilizzare sulla tematica».
Mentre Paolo Laurencet (FI) ha ipotizzato «un contributo utilizzabile anche per far fronte alle spese condominiali», Pietro Varisella (Av) ha evidenziato il bisogno di «lavorare in sinergia».
L’assessora
A tirare la fila ci ha pensato l’assessora alle Politiche sociali, Clotilde Forcellati, che ha sottolineato come i 30 mila euro in campo siano risicati, perché «con questa situazione sociale non basterebbero nemmeno 300 mila» ha esclamato.
Forcellati ha esplicitato l’esigenza di trovare «correttivi per i proprietari e i morosi “incolpevoli”», mentre vanno fatti ragionamenti «per la morosità di professione».
Accolti i suggerimenti, l’assessora ha sottolineato come sia necessario pensare anche al post-contributo: «In 24 mesi dobbiamo lavorare sotto tanti punti di vista per non far riproporre la situazione – ha detto -. Altrimenti avremo fallito tutti».
Rivelando come i requisiti stringenti «hanno causato due domande non evase negli ultimi due anni», Forcellati ha ricordato che le politiche abitative «in questo momento hanno grande rilevanza – ha continuato -. L’obiettivo è quello di erogare i contributi a inquilini e proprietari», ma anche quello di «scardinare la volontà di tenere gli appartamenti sfitti per paura che vengano rovinati».
Sottolineato come il Comune «non possa» farsi garante «in quanto stiamo ancora pagando le decine di migliaia di euro scaturite dagli accordi bilaterali e trilateriali», Forcellati ha evidenziato come si debba «incidere sui requisiti – ha chiuso -. Che senso ha il fatto di essere disoccupati da due anni per poter accedere? A quell’ora una persona è già sotto un ponte».
La conclusione è chiara.
«Dobbiamo sostenere, ma non dobbiamo sostituirci alle persone nel percorso di autonomizzazione – ha concluso -. Se i 30 mila euro a disposizione saranno spesi mi impegno a rimpinguarli nei prossimi bilanci. Pensiamo al canone concordato e alla spinta per farli rimanere nella casa in cui stanno senza creare circoli viziosi».
(alessandro bianchet)