Fiocchi di neve sulle rose rosse per l’ultimo saluto a Gioachino Gobbi
Il mondo della montagna, e non solo, si è stretto attorno alla famiglia, questo pomeriggio, per salutare Gioachino Gobbi, croméyeuren doc
Fiocchi bianchi sulle rose rosse del feretro di Giochino Gobbi, cittadino di Croméyeuï e uomo di montagna.
Si è congedato in punta di piedi, in un paese ancora semi deserto prima della bagarre invernale, quasi a non voler disturbare, Gobbi al quale la sua Courmayeur ha reso l’ultimo omaggio questo pomeriggio, mercoledì 20 novembre, tra i primi fiocchi di neve venuti a salutarlo.
Don Grzegorz Mrowczynski ha scelto il Vangelo di Giovanni per ricordare la sua figura, quel passo in cui la vita è paragonata a un chicco di grano.
«Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» legge il parroco.
Il sacerdote ricorda il primo incontro con Gioachino, al Museo delle Guide, intento a costruire il presepe allestito nel vecchio bivacco, tre anni fa, «mi aveva incuriosito».
Tra i banchi della chiesa di San Pantaleone e sul sagrato della chiesa le giacche color senape delle Guide alpine di Courmayeur, qualche maglietta gialla marchiata Grivel, sponsor che atleti e atlete portano con orgoglio, le divise della Courmayeur Mont Blanc Funivie, la sua casa per 15 anni, alpinisti, croméyeuren, amici, persone che intercettandolo nella sua vita ricca di passione e interessi, ne sono rimasti coinvolti.
Il saluto della famiglia
«Tutti quanti noi che siamo qui in questo momento siamo ben consapevoli di quale lascito ci ha donato Gioachino» dice la moglie Betta Frera.
«Sono certa che Caterina e Oliviero e ognuno di voi che lo avete conosciuto, che gli avete voluto bene saprete raccogliere e condividere tutto questo, nel migliore dei modi. A nome di Gioachino e di tutta la famiglia, grazie. Dal più profondo del cuore».
Sceglie invece un canto Navajo la figlia Caterina per ricordarlo.
«Non restare a piangere sulla mia tomba. Non sono lì, non dormo. Sono mille venti che soffiano. Sono la scintilla diamante sulla neve. Sono la luce del sole sul grano maturo. Sono la pioggerellina d’autunno. Quando ti svegli nella quiete del mattino, Sono le stelle che brillano la notte.
Non restare a piangere sulla mia tomba. Non sono lì, non dormo».
Il congedo da un uomo che alla montagna ha dato tanto e dalla quale ha avuto altrettanto è sulle note del Signore delle cime e Montagnes Valdôtaines, quelle montagne che continuerà a guardare con quello sguardo brillante e sorridente.
(erika david)