Euro digitale, al Parlamento Ue rischia un percorso ad ostacoli
Roma, 15 nov. (askanews) – Fari puntati sull’euro digitale lunedì 17 novembre, nel pomeriggio, alla commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo (‘Econ’), dove si svolgerà una nuova audizione di Piero Cipollone, l’uomo di punta su questo tema della Bce e dell’Eurosistema delle Banche centrali. E dove il dibattito su questa partita potrebbe animarsi. Il banchiere centrale è tornato a perorare la causa di questo piano europeo, assicurando che creerà nuove opportunità di sviluppo per le banche e per gli operatori di sistemi di pagamento.
Tuttavia, dopo un varo apparentemente senza intoppi, già alla prima curva la nuova fase del progetto appena lanciata dalla Bce sull’euro digitale – quella di ‘sviluppo’ – vede materializzarsi sulla strada ostacoli e possibili resistenze, finora rimaste forse sottotraccia.
L’euro digitale è un adattamento della valuta alle nuove tecnologie di pagamento, una moneta digitale di Banca centrale (Cbdc). Il progetto è stato lanciato dalla Bce nel 2020 ed è anche uno strumento con cui l’Unione europea punta a creare una infrastruttura per affrancarsi dalle dipendenze da piattaforme extra Ue – in particolare carte di credito e Big Tech Usa – per i pagamenti al dettaglio elettronici e digitali.
Il lancio richiede una legge europea, per cui una proposta è stata presentata due anni fa dalla Commissione Ue. A inizio novembre, tuttavia, alla commissione ‘Econ’, il relatore del Parlamento europeo sul progetto di legge, lo spagnolo Fernando Navarrete Rojas, del gruppo del Ppe, ha presentato un rapporto con una serie di emendamenti che hanno avuto l’effetto, se non di ribaltare il tavolo, quantomeno di sparigliare le carte. Pochi giorni prima, il Consiglio direttivo Bce era riunito in trasferta a Firenze, ospitato dalla Banca d’Italia, un evento molto scenografico durante il quale è stato deciso appunto il via libera alla nuova fase. Forse perché così presi dalle mondanità dello spettacolare scenario fiorentino, apparentemente alla Bce erano ignari del colpo di scena che pochi giorni dopo sarebbe arrivato dall’europarlamentare iberico. O forse no. La proposta si può leggere di fatto come una stroncatura dell’intero progetto, dato che lascerebbe aperto per ora solo un aspetto dell’euro digitale: quello delle transazioni offline, che comunque sarebbe marginale e riguarderebbe unicamente operazioni limitate per ammontare e forse anche in numero. ‘Gli emendamenti – spiega lo stesso relatore nel documento datato 3 novembre – propongono di stabilire un euro digitale offline mentre si condiziona la versione online all’assenza di una soluzione sovrana europea per i pagamenti al dettaglio’. Assenza che dovrebbe essere sancita dalla Commissione europea effettuando ‘un test, una volta che la Bce avrà concluso il suo lavoro preparatorio per l’euro digitale offline’.
Secondo Navarrete la sua proposta ‘crea un equilibrio tra stabilità finanziaria e competitività. L’euro digitale offline rappresenterebbe una risposta europea proporzionata, priva di rischi di stabilità finanziaria, assicurando al tempo stesso sovranità europea sui pagamenti’, senza precludere che il settore privato, facendo leva sull’interoperabilità, riesca a risolvere i problemi di dipendenza degli ecosistemi di pagamento europei da schemi extra Ue. Lo stesso relatore sintetizza così la sua proposta: l’euro digitale solo offline ‘interviene sulla sfida della digitalizzazione dell’economia’ ma solo come ‘una rete di sicurezza contro la frammentazione di mercato e non come un ecosistema di pagamento parallelo che minerebbe le soluzioni private o che scoraggerebbe l’innovazione”. L’accusa implicita alla proposta formulata dalla Commissione Ue, e appoggiata dalla Bce, è esattamente questa.
La mossa di Navarrete appare attentamente studiata. Non un attacco sconclusionato basato su elementi bollabili come ‘complottistici’, ma una tesi argomentata in maniera razionale. Senza chiudere in maniera preconcetta al progetto, ne ridimensiona drasticamente la portata. Fa leva su un aspetto, la funzionalità offline, che secondo alcuni esperti del settore bancario vede le tecnicalità pratiche ancora non ben definite. E forse cerca anche di creare un cuneo tra Bce e Commissione europea. L’autore, Navarrete, fino a poco tempo fa sconosciuto ai più, è un economista che viene dall’ambiente delle banche centrali in cui è cresciuto. Fino a ricoprire il ruolo di capo di gabinetto del governatore della Banca di Spagna dal 2018 al 2024.
Quasi contemporaneamente, un consistente gruppo di banche, tra cui giganti europei che hanno lanciato un progetto per un sistema di pagamenti digitali Ue chiamato ‘Wero’, hanno lanciato un monito contro l’euro digitale. Queste banche sostengono che andrebbe a svolgere le funzioni di soluzioni del settore privato senza vantaggi tangibili per gli utenti. Tra i promotori di Wero compaiono gruppi di primissimo piano come Abn Amro, Bnp Paribas, Crédit Agricole, Deutsche Bank, Ing e Société Générale.
Venerdì 14 novembre, poco prima dell’audizione, durante un’intervista autoprodotta da Bce, trasmessa sul blog della stessa istituzione di Francoforte, Cipollone si è astenuto dal commentare il rapporto di Navarrete. Ha però rilevato che anche altri euroarlamentari ‘potranno presentare emendamenti’ e che la Bce continua a sperare nel varo della legislazione per la fine dell’anno. La fase di sviluppo ‘non è l’ultima’ per l’euro digitale, ha precisato: sarà infatti quella di emissione, che sarà possibile solo una volta che sarà stata approvata la suddetta legge. Quanto alle critiche giunte da alcuni sulla possibile interferenza con il settore privato, alla Bce ‘pensiamo assolutamente che l’euro digitale sosterrà soluzioni (di pagamento) del settore privato in Europa. E questa non è solo un’idea della Bce, è qualcosa che pensano le stesse banche – ha sostenuto Cipollone -: abbiamo scritto un rapporto con le banche in cui riconosciamo, con le banche, che avranno benefici dall’euro digitale’.
Questi benefici riguarderebbero tre livelli. Il primo è che al momento molti sistemi di pagamento nazionali devono appoggiarsi ad altri per funzionare. ‘Ma queste alternative sono davvero costose, mentre l’euro digitale ti consentirebbe di fare lo stesso ovunque in Europa e costando meno – ha proseguito Cipollone – quindi le banche risparmierebbero. Secondo, l’euro digitale creerà una infrastruttura pubblica comune libera peraltre soluzioni di pagamento’. ‘C’è una terza dimensione importante: oggi l’offerta che abbiamo è molto limitata su una dimensione, quella dei pagamenti condizionati’. Che riguardano unicamente variabili come tempo del pagamento e beneficiario. Con l’euro digitale ‘possiamo fare molto meglio’. Cipollone ha citato l’esempio del biglietto del treno che viene pagato solo se il treno arriva in orario. ‘Queste sono innovazioni che potrebbero essere attuate dalle banche che verrebbero remunerate per farlo’. Quanto agli sviluppi al Parlamento europeo, finora ‘il lavoro è stato un po’ ritardato’ da elezioni e formazione dei vari organi ‘ma ora finalmente il relatore ha emesso le sue proposte (che non ha commentato) che sono l’inizio del processo. Gli altri componenti della squadra di negoziatori faranno i loro emendamenti e speriamo che potranno finalmente votare la loro posizione per, diciamo, maggio del 2026’. Questo dovrebbe consentire di far partire il ‘trilogo’, il negoziato Parlamento europeo-Commissione-Consiglio ‘nell’estate del 2026 e ci sta una buona possibilità che nel prossimo anno avremo finalmente la legislazione. È l’assunto su cui lavoriamo’. Su questa base la Bce potrebbe avviare le sperimentazioni pilota sull’euro digitale da metà 2027 e, ha ribadito Cipollone, procedere all’emissione a metà 2029.
In altri Paesi, ad esempio l’Italia, la linea delle banche finora era apparsa più aperta. Il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli ha tuttavia rimarcato in un seminario l’8 novembre a Firenze come il dibattito sia ‘molto importante’. ‘La discussione al Parlamento europeo è aperta e non con schieramenti preconfezionati, passa diagonalmente nei gruppi. La Bce ha fatto e sta facendo tutto quello che un proponente deve fare. Ma è chiaro – ha sottolineato – che sono gli organi del pluralismo che hanno l’ultima parola’. E’ assolutamente giusto, secondo l’Abi, che sulle innovazioni nei pagamenti l’Europa non voglia dipendere da circuiti extra europei. Ma sul come questo avverrà, se ‘tra iniziative private o iniziative pubbliche’ resta da vedere. E magari ‘potranno essere in concorrenza’, ha concluso Patuelli.
Ora i fari, inevitabilmente, saranno puntati sull’audizione di Cipollone, lunedì 17 novembre alle ore 17. Dalla parte dell’euro digitale c’è certamente la presidente della commissione Affari economici e monetari del parlamento Ue, la francese Aurore Lalucq, del gruppo di socialisti e democratici, anche lei economista di formazione. Il fatto, tuttavia, che quest’ultima, in articoli e interventi pubblici insinui che chiunque mostri contrarietà su un progetto così complesso e voglia valutare anche soluzioni alternative stia ‘favorendo un settore portato avanti dalla destra estrema’, rischia non solo di non favorire una discussione aperta, ma anche di polarizzare il tema, complicandone ulteriormente il percorso. Ad ogni modo, dopo ben cinque anni dal lancio del progetto, di fatto a livello del Parlamento europeo e del settore bancario sembra che solo adesso si stia aprendo la vera partita.
Di Roberto Vozzi
