Per Meloni doppia vittoria in Ue, (anche) per rassicurare Salvini e gli agricoltori
AskaNews
di Administrator admin  
il 20/12/2025

Per Meloni doppia vittoria in Ue, (anche) per rassicurare Salvini e gli agricoltori

Bruxelles, 20 dic. (askanews) – Due ‘vittorie’ incassate’ in Europa con (almeno) un occhio all’Italia. Questo può essere il bilancio di Giorgia Meloni al Consiglio europeo. Non a caso, quando alle tre e mezza di notte si è presentata alla Lanterna (il corridoio dell’Europa Building in cui i leader incontrano la stampa prima e dopo i vertici Ue) per un breve punto stampa, la premier, pur visibilmente e comprensibilmente stanca (come tutti i presenti) si è mostrata ‘soddisfatta’.

A rovinarle la festa il caos scoppiato a Roma sulla manovra, con governo e maggioranza completamente in tilt che non riescono a chiudere il testo definitivo. Tanto che ha dovuto scombinare i piani: inizialmente era previsto il rientro a Roma venerdì mattina, invece nella notte ha chiesto di tirar fuori in fretta e furia l’aereo dall’hangar per decollare subito verso la capitale e chiamare a rapporto Matteo Salvini e Antonio Tajani e dir loro, chiaramente, ‘ora basta’.

Ma torniamo all’Europa e partiamo dagli asset russi congelati. Meloni è stata sempre contraria al loro uso per il prestito di riparazione all’Ucraina, per diverse ragioni. Sicuramente, il timore di ritorsioni per le molte (314) aziende italiane presenti in Russia e per la tenuta dei conti pubblici di fronte a garanzie ‘costosissime’ richieste dal Belgio, per Roma quantificabili in circa 25 miliardi di euro. Probabilmente – anche se fonti italiane hanno sempre smentito ‘pressioni’ Usa – anche la volontà di mantenere aperto il rapporto con Donald Trump, che quei fondi li vorrebbe impiegare per la ricostruzione in Ucraina, possibilmente a beneficio di aziende americane. Ma non v’è dubbio che tra le motivazioni ci sia stata anche la necessità di rabbonire Matteo Salvini e non creare un’ulteriore pericolosissima frizione in una maggioranza che, complice una campagna elettorale sostanzialmente permanente, sta mostrando scricchiolii sempre più preoccupanti. Il leader della Lega, allineato con Viktor Orban, non voleva assolutamente che i fondi russi fossero toccati. ‘Personalmente lo ritengo un azzardo e un’imprudenza, e bene ha fatto il governo italiano a mettere i puntini sulle i, perché appunto siamo in un libero mercato, non siamo in guerra contro la Russia’, aveva detto ancora pochi giorni fa il vice premier, riecheggiando il premier ungherese che considerava quella soluzione alla stregua di una ‘dichiarazione di guerra’ a Mosca. ‘L’Europa – aveva aggiunto Salvini – prima non c’era, ora mi sembra che stia boicottando il processo di pace; forse perché Macron, Starmer e altri leader sono in difficoltà in casa loro, e quindi devono portare all’esterno i problemi francesi e inglesi. Ma noi non siamo in guerra contro la Russia e non voglio che i miei figli entrino in guerra contro la Russia’.

Almeno questo problema, dunque, è stato risolto: il prestito all’Ucraina da 90 miliardi per due anni (esattamente quanto la Commissione aveva proposto inizialmente per il ‘prestito di riparazione’) non dipende più dagli asset congelati, che restano tali per un periodo indefinito, ma che entreranno in gioco solo dopo la fine della guerra, quando potrebbero essere usati per le riparazioni (se così verrà deciso negli accordi di pace, o se lo imporrà una decisione di diritto internazionale); in questo caso, l’Ucraina potrà usarli anche per ripagare il prestito Ue. In caso contrario, Kiev non dovrà restituire nulla all’Ue. Questo consente, sostanzialmente, di non far perdere la faccia a Friedrich Merz e Ursula von der Leyen, che hanno cercato di imporre il prestito di riparazione a dispetto di ogni evidenza riguardo alla sua impraticabilità.

La seconda questione è quella del Mercosur. Nei giorni precedenti il Consiglio, quando già si sapeva dell’appuntamento fissato da von der Leyen sabato 20 dicembre in Brasile per la firma dell’Accordo, la posizione del governo italiano non era ancora chiara. Poi, dopo l’uscita allo scoperto della Francia contro la firma in tempi così ravvicinati, anche Meloni ha chiesto chiaramente un rinvio. Questo ha cambiato totalmente la situazione, perché con l’aggiunta dell’Italia, ci sarebbero state le condizioni per bocciare, con una minoranza di blocco, il voto a maggioranza qualificata necessario per dare mandato a von der Leyen di andare a firmare l’Accordo, che inizialmente era previsto subito dopo il Consiglio europeo.

Su questa decisione di Meloni le motivazioni di politica interna sembrano ancora più importanti di quelle di merito sull’intesa con il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay). Gli agricoltori sono una fetta importante dell’elettorato del governo, in particolare la Coldiretti di Ettore Prandini, che il giovedì mattina era all’hotel Amigo, lo stesso della premier. Il timore che la protesta degli agricoltori messa in scena a Bruxelles lo stesso giorno del Consiglio europeo possa arrivare anche in Italia è molto forte, tanto più che la categoria non è soddisfattissima dell’operato del ‘suo’ governo (non solo sul Mercosur). Meglio, dunque, far vedere che il governo è pronto a gonfiare il petto per difendere gli agricoltori, con una mossa molto politica rivelata, non senza perfidia, dal leader brasiliano Lula, che giovedì mattina aveva chiamato la premier per cercare di convincerla, rivelando poi i contenuti della telefonata ai giornalisti. ‘Lei – ha detto Lula – mi ha spiegato che non è contraria all’accordo; sta solo affrontando un problema politico a causa degli agricoltori italiani, è in imbarazzo ma è sicura di poterli convincere ad accettare l’accordo. Ci ha chiesto di pazientare al massimo un mese’. Frasi – con quella parola ‘imbarazzo’ – che hanno creato disagio a Palazzo Chigi, che a strettissimo giro ha inviato una nota spiegando che ‘il Governo italiano è pronto a sottoscrivere l’intesa non appena verranno fornite le risposte necessarie agli agricoltori, che dipendono dalle decisioni della Commissione europea e possono essere definite in tempi brevi’. Il concetto è stato ribadito nella notte dopo il summit da Meloni, che ha rivendicato di aver ottenuto ‘altre settimane per cercare di dare le risposte che sono richieste dai nostri agricoltori’.

La questione, comunque, non è solo di facciata. I nodi da risolvere erano due: da una parte le salvaguardie commerciali aggiuntive per gli agricoltori europei riguardo alle importazioni di ‘prodotti sensibili’ (pollame, carne bovina, uova, agrumi e zucchero); dall’altra, il tema della ‘reciprocità’, ovvero la garanzia che i prodotti importati nell’Ue dal Mercosur non abbiano subito trattamenti con pesticidi e altre sostanze che sarebbero proibiti in Europa, per evitare condizioni di concorrenza sleale e rischi per la sicurezza alimentare.

Il primo problema sostanzialmente è stato già risolto, alla vigilia del Consiglio europeo, con un accordo tra Europarlamento e Consiglio Ue, su proposta della Commissione, su un regolamento in cui si prevede una sospensione dei dazi preferenziali accordati al Mercosur, nel caso in cui le importazioni dei ‘prodotti sensibili’ aumentino, oppure i loro prezzi calino, oltre determinate soglie quantitative (l’8% rispetto alla media del triennio, in entrambi i casi).

Sul secondo punto, invece, i lavori sono ancora in corso. Ma la Commissione ha già prospettato una soluzione, sempre alla vigilia del Consiglio europeo: nel suo pacchetto ‘Omnibus’ di semplificazione delle normative su alimenti e mangimi, l’Esecutivo comunitario ha proposto di portare allo ‘zero tecnico’ le soglie di tolleranza attualmente previste, per i prodotti importati, riguardo alla presenza di residui delle sostanze più pericolose proibite nell’Ue. Attualmente, le soglie di tolleranza (‘maximum residue levels’, o Mrls) sono decise in base alle valutazioni di rischio per i consumatori e l’ambiente, e consentono la presenza di residui di sostanze proibite se restano al di sotto di un livello quantitativo considerato sicuro. La proposta è di abbassare le soglie fino al livello dell’individuazione tecnica dei residui nelle analisi dei laboratori. Questa soluzione, nelle intenzioni della Commissione, fornirebbe la garanzia di ‘reciprocità’ che chiedono diversi paesi, in primis l’Italia e la Francia, e poi le organizzazioni agricole, le Ong ambientaliste e molti partiti europei.

Nel quadro del già citato accordo sulle salvaguardie commerciali, la Commissione si è impegnata a fare una dichiarazione che annunci chiaramente la soluzione prospettata, con l’intenzione di fornire la garanzia di ‘reciprocità’ richiesta da diversi paesi, in primis l’Italia e la Francia, e poi dalle organizzazioni agricole, dalle Ong ambientaliste e trasversalmente da diversi partiti europei. A questo punto, l’Italia avrà l’occasione di dichiararsi soddisfatta, con l’accoglimento delle proprie esigenze, e quindi favorevole alla firma dell’Accordo col Mercosur. Tra quanto tempo? Una indicazione l’ha data il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, secondo cui per la firma col Mercosur bisognerà attendere solo ‘tre settimane’ in gennaio. E questo è quello che si attende anche la Germania. Sebbene non sia scontato l’allineamento della Francia (che potrebbe decidere di restare contraria comunque), è la risposta positiva dell’Italia che sarebbe determinante per avere la maggioranza qualificata a favore della firma.

I due successi dell’Italia al Consiglio europeo, dunque, sono stati ottenuti giocando di sponda, a seconda dei casi, con Orban (oggi forse meno amico di un tempo ma sempre utile nelle vesti di ‘distruttore’ dell’Ue), con il belga De Wever, con il mai amato Emmanuel Macron, e anche con altri leader, sfruttando interessi convergenti e divergenti. E con l’intelligente scelta, da parte di Meloni, di affidarsi pienamente all’abilità negoziale e alle competenze tecniche degli espertissimi diplomatici che rappresentano l’Italia a Bruxelles. Anche se sempre con l’occhio attento alla stabilità interna del governo.

Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

[La “festa” rovinata dal caos sulla manovra e la corsa per tornare a Roma|PN_20251220_00007|nl50| https://askanews.it/wp-content/uploads/2025/12/20251220_103853_52495EA9.jpg |20/12/2025 10:38:58|Per Meloni doppia vittoria in Ue, (anche) per rassicurare Salvini e gli agricoltori|Ue|Politica, Europa Building]

Apre oggi il nuovo ponte di Chevril sulla strada per Cogne
Alle 15 il taglio del nastro, il nuovo ponte di Chevril è stato realizzato accanto a quello vecchio chiuso dal 2019 per i problemi strutturali emersi dai sondaggi effettuati dopo la tragedia del Ponte Morandi
di Erika David 
il 20/12/2025
Alle 15 il taglio del nastro, il nuovo ponte di Chevril è stato realizzato accanto a quello vecchio chiuso dal 2019 per i problemi strutturali emersi ...