Natale, il messaggio del vescovo alla diocesi: «disarmate le parole, così si può cambiare il mondo»
La messa di Natale sarà celebrata in Cattedrale domani, alle 10.30 mentre alle 16, Monsignor Lovignana celebrerà la messa alla cappella dell'ospedale Parini di Aosta; alla COllegiata di sant'Orso, alle 17.30, recita dei Vespri di Natale
Natale, il messaggio del vescovo alla diocesi: «disarmate le parole, così si può cambiare il mondo»,
Franco Lovignana, vescovo della diocesi di Aosta
Disarmare le parole per educare a un uso responsabile del linguaggio, libero da pregiudizi, luoghi comuni e pettegolezzi.
Rallentare, interrogandoci sulla direzione che stiamo prendendo, ritrovando il tempo della preghiera condivisa in famiglia e dell’Eucarestia.
Coltivare le relazioni solide, libere dalla superficialità e dal giudizio altrui.
Sono alcune riflessioni dal messaggio di auguri che Monsignor Franco Lovignana ha indirizzato alla comunità dei fedeli per l’imminente Natale.
Richiama le parole di Papa Leone il Vescovo, rilevando quanta aggressività permei ogni discorso, programma o social e invitando alla mitezza, «percorso di liberazione interiore che permette di mettersi davvero in ascolto dell’altro».
Monsignor Lovignana invita a fermarsi innanzi al presepe, nella povertà di Betlemme, a prenderci cura delle famiglie e della comunità in una comunità malata di ansia, di fretta, di solitudine e minacciata da morte e disperazione.
Il messaggio di Monsignor Lovignana
Carissimi fratelli e sorelle,
fermiamoci davanti al presepe: nella povertà di Betlemme, il nostro Dio entra disarmato nel mondo; nel silenzio, Maria e Giuseppe inseguono il senso misterioso della vita e custodiscono la relazione profonda tra loro, con Dio, con il Bambino.
Nell’anno pastorale in cui ci prendiamo cura della vita ordinaria di famiglie e comunità, la semplicità del presepe ci ricorda che è nella quotidianità che possiamo accogliere davvero la vita sovrabbondante che Gesù viene a portare.
Ed è solo con la testimonianza umile e gioiosa di una vita quotidiana abitata dalla grazia che possiamo essere lievito per una società sempre più malata di ansia, fretta e solitudine, sempre più minacciata dalla disperazione e dalla morte.
Possono aiutarci alcune parole di papa Leone: «Chiedo alle comunità educative: disarmate le parole, alzate lo sguardo, custodite il cuore. Disarmate le parole, perché l’educazione non avanza con la polemica, ma con la mitezza che ascolta. Alzate lo sguardo. Come Dio disse ad Abramo, Guarda il cielo e conta le stelle (Gen 15,5): sappiate domandarvi dove state andando e perché. Custodite il cuore: la relazione viene prima dell’opinione» (Lettera apostolica Disegnare nuove mappe di speranza, 27 ottobre 2025, n. 11.2). Sì, il Papa parla anche di noi, perché ogni famiglia è comunità educativa e così ogni comunità cristiana.
Disarmare le parole
Quanta aggressività nei discorsi che ascoltiamo, nei programmi che seguiamo, nei social che frequentiamo!
Quanta aggressività anche nelle nostre reazioni e nelle nostre parole!
Quanta aggressività persino laddove si invocano pace e disarmo! Disarmare le parole vuol dire fare un uso responsabile ed educare a un uso responsabile del linguaggio, libero da pregiudizi, luoghi comuni e pettegolezzi, emancipato da polarizzazioni e contrapposizioni.
Parole disarmate scaturiscono dal cuore di persone umili e miti, che non si credono migliori degli altri, non sopravvalutano il proprio punto di vista e bandiscono da sé ogni forma di violenza. La mitezza è un percorso di liberazione interiore che permette di mettersi davvero in ascolto dell’altro.
Disarmare le parole, in famiglia, al lavoro, in comunità, mette in moto un processo virtuoso di pace che può cambiare il volto del mondo.
Alzare lo sguardo
Il Papa suggerisce di porsi domande radicali: «Dove sto, dove stiamo andando e perché?».
È un percorso di senso, ma anche di gusto. Consumando attività e parole, incontri e informazioni a ritmo sfrenato, rischiamo di non cogliere il senso delle cose e della vita, perché non ne abbiamo il tempo.
E così neppure gustiamo fino in fondo ciò che ci è dato e le esperienze belle che ci accade di vivere. La nostra interiorità non è ‘programmata’ per l’accelerazione imposta dalla tecnologia. Il rimedio suggerito dal Papa è quello di fare come Abramo, alzare lo sguardo, cioè ritrovare Dio, il bandolo della matassa.
La preghiera condivisa in famiglia, l’Eucaristia in parrocchia ci invitano ad alzare lo sguardo verso Dio e a riprenderci il tempo necessario per porci domande, fare discorsi, ascoltarci gli uni gli altri, rimettere insieme i pezzi di vita personale, familiare e comunitaria che compongono il puzzle del dono di Dio. Così faceva Maria.
E possiamo facilmente immaginare che questo facesse dialogando con il suo sposo, Giuseppe.
Anche i pastori e i magi si prendono il tempo per andare a vedere il Bambino che è nato. Pieni di gioia lo trovano e tornano lodando e glorificando Dio.
Custodire il cuore
È il primato delle relazioni. In un mondo estroflesso e votato all’efficienza, al fare tutto subito, il richiamo a custodire il cuore suona come rivoluzionario e si rivela profondamente generativo.
Una relazione, per essere vera e crescere sana, ha bisogno di radicarsi in un’interiorità coltivata e custodita, libera dal culto dell’apparenza e dalla ghigliottina del giudizio altrui. Solo chi ha radici profonde e solida vita interiore può sfuggire alle lusinghe della superficialità e coltivare relazioni sane e solide, belle e gratuite.
(re.aostanews.it)
