Sicurezza alimentare: produttore Fontina sospeso dall’attività
Mille euro di ammenda e la sospensione dell’attività di produzione di formaggi per la durata di mesi 3. E’ la condanna inflitta questa mattina dal giudice monocratico del Tribunale di Aosta, Marco Tornatore, nei confronti di Enzo Praz, 56 anni di Charvensod, a processo per il cattivo stato di conservazione nel quale vennero rinvenute numerose forme formaggio della filiera della Fontina durante un blitz di Corpo forestale e funzionari dell’Azienda USL della Valle d’Aosta operato il 18 agosto 2015, nell’ambito del quale venne disposto il sequestro di 194 forme di formaggio.Assolto «perché il fatto non sussiste», invece, dall’accusa di tentata frode in commercio, a fronte di una richiesta – quella del sostituto procuratore Carlo Introvigne – che si era sostanziata in 1800 euro di ammenda e in 2 mesi di sospensione dell’attività di vendita di formaggi.Ma andiamo con ordine. Già, perchè Praz – produttore di Fontina DOP presso un alpeggio nel vallone di Plontaz a Valgrisenche, regolarmente censito con l’apposito codice CTF 122 rilasciato dal relativo Consorzio Produttori e Tutela della Fontina DOP – fu sorpreso a produrre «formaggi della filiera della Fontina in un alpeggio dall’altra parte della Valgrisenche, sulla sinistra orografica, non censito da nessuna parte, quindi completamente abusivo perché sconosciuto all’anagrafe del Consorzio», è stata la testimonianza di Dario Chabod, agente della Forestale che partecipò all’ispezione. E ancora: «Le condizioni igienico-sanitarie le definii medievali perché i formaggi venivano prodotti nel locale cucina, per così dire, a servizio del vecchio alpeggio fatiscente, non c’era nessuna casera», ha affermato ancora l’agente forestale, sottolineando quindi un problema di tracciabilità del prodotto, vista la sua produzione in una struttura completamente sconosciuta alle autorità di controllo e di certificazione competenti.«Le condizioni sanitarie dei locali erano negative, non ci siamo proprio», ha sostenuto in aula il dirigente del servizio preposto dell’Azienda USL della Valle d’Aosta, Carlo Bandirola, aggiungendo: «Sia il locale di produzione che il deposito non erano autorizzati, c’erano irregolarità anche strutturali, oltre alla presenza di mura annerite perché non era presenta alcun sistema di smaltimento dei fumi. Alcun piano di autocontrollo era stato predisposto dal produttore per quella struttura, era tutto abusivo».Nel locale di deposito dei formaggi, quindi, venne rinvenuto del topicida posizionato su alcune assi di legno. «Non è stata portata alcuna prova tangibile della contaminazione delle forme di formaggio», ha replicato la difesa, rappresentata dall’avvocato Paola Pellissier di Aosta, con il consulente tecnico di parte, Diego Bovard, che ha sottolineato: «Ho verificato lo stato di conservazione dei formaggi e posso dire che, anche se prodotti in locali non autorizzati, non vuole assolutamente dire che questi siano pericolosi, anzi tutt’altro: sono genuini, quindi pronti per diventare future Fontine».Per quanto riguarda il fumo presente nel luogo di produzione, «una cucina con all’interno mura annerite, disordine e materassi dove venivano fatti versomilmente dormire i dipendenti dell’azienda agricola», ha sostenuto l’accusa nella sua requisitoria, Bovard ha dichiarato che «questo potrebbe forse dare un’impressione del rischio, ma non della pericolosità», mentre sulla presenza del topicida nei locali di deposito dei formaggi, ha commentato: «Fu messo in un momento particolare, in un periodo in cui pioveva spesso, ma questo non vuole dire che ci sia stata contaminazione».Il giudice si è riservato in 30 giorni il deposito delle motivazioni della sentenza, nulla pronunciando sulla richiesta avanzata dalla difesa per il dissequestro delle 194 forme di formaggio.(pa.ba.)