Traffico di bovini: 10 imputati chiedono riti alternativi
Un traffico di bovini che, partendo dal biellese, ritornavano in Piemonte, in alcuni centri di ingrasso della provincia di Cuneo, dopo essere transitati per la Valle d’Aosta. E’ quanto scoperto dagli uomini del Corpo forestale valdostano nell’ambito dell’inchiesta che, nel novembre scorso, portò la Procura della Repubblica di Aosta a notificare gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari a 15 tra allevatori, commercianti di bovini, intermediari e un veterinario in servizio presso il Servizio di igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche dell’Azienda USL della Valle d’Aosta, accusati a vario titolo di falso documentale, soppressione di atti veri, induzione in errore della pubblica amministrazione, omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale, violazione di sigilli, maltrattamento e uccisione di animali, esercizio abusivo di professione e illeciti inerenti allo smaltimento di rifiuti speciali e alla sicurezza agroalimentare.Al via l’udienza preliminare Oggi – mercoledì 13 luglio – si è tenuta la prima udienza davanti al gup del Tribunale di Aosta, Davide Paladino, che dopo aver rigettato tutte le eccezioni avanzate dalle difese in particolare in riferimento alla formulazione di alcuni capi di imputazione, ha ricevuto le diverse richieste di rito, rinviato poi l’udienza – per la discussione – al prossimo 19 ottobre.Più nel dettaglio, hanno chiesto di poter accedere a riti alternativi Albein Bagnod, 37 anni di Challant-St-Victor (patteggiamento), Ezio Chabloz, 53 anni di Sarre (patteggiamento), Mathieu Chabod, 20 anni di La Salle (messa alla prova), Gabriele Empereur, 71 anni di Gressan (patteggiamento), Alfredo Girod, 32 anni di Fontainemore (messa alla prova), Franca Marcoz, 56 anni di Brissogne (messa alla prova), Leo Montrosset, 45 anni di Jovançan (messa alla prova), Paolo Moussanet, 54 anni di Challand-St-Victor (rito abbreviato), Andrea Piatti, 53 anni di Andrate, in provincia di Torino (rito abbreviato) e Camillo Pecco, 54 anni di Gressoney-St-Jean (rito abbreviato).Hanno optato per il rito ordinario – con il gup che dovrà quindi decidere per il loro rinvio a giudizio o meno – Marco Cerise, 38 anni di Sarre, Guido Chaussod, 62 anni di Nus, Piergiorgio Colleoni, 47 anni di Nus, Paolo Consol, 62 anni di Issime e Cassiano Treboud, 42 anni di La Salle.La genesi dell’inchiestaL’attività investigativa ha avuto un inizio preciso, a metà del mese di novembre 2014, quando in un’azienda zootecnica di frazione Plan Palet di Nus, riconducibile all’ex macellaio Guido Chaussod e alla figlia Rita, Corpo forestale e servizi preposti dell’USL scoprirono un’attività di macellazione clandestina senza alcun rispetto delle norme poste a tutela del benessere animale, in totale assenza dei requisiti minimi igienico-sanitari previsti dalla legge e in mancanza delle necessarie autorizzazioni (per questi fatti specifici Guido e Rita Chaussod sono stati giudicati in un separato giudizio).Il filone principaleDa quanto emerso nell’ambito del filone principale dell’inchiesta, diversi allevatori valdostani – in qualche caso per il tramite dei commercianti di bovini Paolo Consol, operante a Pont-St-Martin, e Paolo Moussanet di Challand-St-Victor – avrebbero acquistato clandestinamente nel biellese bovini della pregiata razza Blu Belga (una quindicina), a cui – una volta in Valle – sarebbero stati applicati marchi auricolari in realtà appartenenti a bovini di razza valdostana, nel frattempo deceduti o macellati clandestinamente per farli sparire.A questo punto i nuovi bovini, falsamente certificati come valdostani, sarebbero stati rivenduti come incroci ad alcuni centri di ingrasso nel cuneese, operazione che – secondo l’accusa – avrebbe permesso agli allevatori di realizzare importanti plusvalenze (sul mercato un bovino di razza Blu Belga vale molto di più di uno di razza valdostana), anche alla luce del fatto che, essendo la Valle d’Aosta indenne da malattie infettive soggette a profilassi di Stato come la brucellosi e la rinotracheite, in qualche caso per gli indagati si sarebbe presentata la possibilità di eludere i controlli sanitari.I filoni secondariVa da sé che, in un simile contesto, la carne macellata nei centri piemontesi – e finita nell’ambito della grande distribuzione di buona parte del Nord Ovest Italia – fosse in realtà priva della benché minima tracciabilità, senza dimenticare che nelle pieghe dell’indagine vennero scoperti anche illeciti relativi alla gestione del ciclo dei rifiuti (allevatori che, per risparmiare sui costi di smaltimento, avrebbero preferito gettare le carcasse di almeno 17 bovini nelle concimaie) e inerenti alla non corretta produzione e conservazione di formaggi (38 forme «cariche di parassiti – tra cui il batterio listeria monoctyogenes, ndr» conservate in «magazzini insudiciati»), oltre alla somministrazione a bovini di fiale di Prontogest, farmaco a uso umano a base di ormoni.Nella foto avvocati difensori e pubblico ministero Luca Ceccanti in aula questa mattina in Tribunale ad Aosta.(pa.ba.)