Operazione Alba Bianca, due condanne per furti in abitazioni
Due condanne, un’assoluzione e un rinvio a giudizio questa mattina in tribunale ad Aosta per alcuni presunti membri della banda – sgominata dai carabinieri di Borgo San Dalmazzo (Cn) tra il giugno e il luglio del 2016 con l’operazione ‘Alba bianca’ – responsabile di una serie di furti tra Piemonte e Valle d’Aosta.
A vario titolo, il pm Carlo Introvigne contestava agli imputati 56 colpi messi a segno in Valle, in appartamenti ma anche in stazioni di sci. Al termine del processo con rito abbreviato, il gup ha condannato a tre anni e due mesi e a 454 euro di multa Artit Cupi e a due anni e sei mesi e a 334 euro di multa Giorgia De Francesco. Un’amica di quest’ultima, imputata per assistenza agli associati, è invece stata assolta.
Il presunto capo della banda, Naim Cera, è irreperibile dopo essere stato espulso dall’Italia quasi due anni fa. Taulant Qoshja, secondo gli inquirenti il suo braccio destro, è invece stato rinviato a giudizio; il processo con rito ordinario sarà celebrato il 25 maggio.
L’unico imputato per tutti i delitti è Cera Naim, in quanto capo della banda; agli altri accuse caso per caso, poiché le intercettazioni e gli appostamenti rilevavano una volta l’uno e una volta l’altro sul luogo del delitto.
Alba Bianca
Erano 14, tra ragazzi e giovani uomini (di età compresa tra i 19 e i 37 anni), tutti di etnia albanese, e si sono resi autori nel corso del 2016 di diversi furti aggravati in abitazioni e piccoli esercizi commerciali, come anche di sfruttamento della prostituzione.
Le indagini erano iniziate nel novembre del 2015, quando i carabinieri della stazione di Demonteavevano effettuato alcuni controlli circa una serie di furti che avevano coinvolto la bassa Valle Stura. Le indagini erano poi passate ai colleghi di Borgo, che avevano provveduto a effettuare pedinamenti, controlli telefonici e acquisizioni di campioni di DNA, arrivando a identificare i primi soggetti.
Le attività criminose del sodalizio, che nel corso dei mesi erano arrivate a colpire anche il Torinese, la Liguria e la Valle d’Aosta erano state portate avanti in modo organico e ben pianificato e i membri della banda hanno dimostrato di possedere un’importante rete di collaboratori, facilitatori e contatti (tra cui “esperti del settore”, che fornivano loro consigli su come affrontare, per esempio, serrature e casseforti), l’intraprendenza per ri-organizzarsi strutturalmente e per fornire a ciascuno compiti e gerarchie precisi e la (fondamentale) pazienza di attendere il momento prepizio per effettuare il colpo.
Il capo della banda aveva interessi nella zona Lingotto di Torino, nello sfruttamento di una ragazza romena come prostituta. Inoltre, le indagini hanno scoperto come i criminali inviassero attraverso viaggi settimanali in Albania la refurtiva, che veniva poi gestita in loco dai membri delle loro famiglie. Sembra che le stesse “ordinassero” nello specifico quale tipo di oggetti trafugare.
I 14 soggetti non sono stati arrestati dai militari in un’unica volta; uno di loro, infatti, è stato acciuffato in Spagna, mentre un altro a Brindisi, proprio prima che riuscisse a imbarcarsi per lasciare il paese.
Fondamentale per portare a termine le indagini fu stato il contributo dei cittadini, apportato attraverso segnalazioni e denunce.
(re.newsvda.it)