Processo Geenna, per gli avvocati «Carcea non è stata eletta con i voti della mafia»
Nel corso della sua arringa, l'avvocato Francesca Peyron ha contestato l'impostazione accusatoria: «Raso e Di Donato non hanno sostenuto l'ex assessora alle comunali»
Monica Carcea, ex assessora comunale di Saint-Pierre e imputata di concorso esterno, «non è stata eletta con i voti della mafia». Lo ha più volte ribadito nel corso della sua arringa difensiva, pronunciata venerdì 11 settembre nell’ambito del processo Geenna, l’avvocato Francesca Peyron, precisando che «non vi sono prove nemmeno dell’esistenza di un Locale».
Il legale ha evidenziato: «Dovrebbe esserci quindi un accordo» tra il Locale e Carcea, «e per l’accusa da cosa dovrebbe desumersi questo accordo? Da una telefonata che suo marito riceve da Antonio Raso (imputato per 416 bis ndr). Ma a differenza di quanto sostiene la Procura, Raso in quell’intercettazione chiede “in che lista è tua moglie?”. Quindi non lo sapeva». L’avvocato ha poi citato altre intercettazioni in cui Marco Di Donato (condannato a Torino in abbreviato) e Raso parlano della possibilità di sostenere Alessia Favre alle comunali di Saint-Pierre del 2015 (in una lista diversa da Carcea); Di Donato chiama il marito di Carcea e chiede un appuntamento. «Lui però declina – ha spiegato l’avvocato -. Raso allora lo chiama e insiste, ma Lazzaro è disinteressato e dice: “Ognuno viaggia per conto proprio”. Queste parole tagliano la testa al toro: Carcea viaggia da sola in modo trasparente e leale con il suo gruppo e con i voti su cui può contare».
La legale ha anche sottolineato «il paradosso di questo processo», costituito dal fatto che «nonostante le lunghe udienze ci troviamo oggi a doverci ancora confrontare con l’ordinanza di custodia cautelare e non con gli atti del processo. Nel dibattimento è stata dimostrata l’anemia probatoria di questo processo. L’ordinanza era già stata sbugiardata».
Ammettendo che «la posizione di Carcea è molto delicata», Peyron ha ricordato come «il dibattimento è servito anche per capire chi è Carcea e come era considerata dai testimoni sentiti in aula». L’imputata, «incensurata e con tre figli, ha frequentato l’ambiente delle scuole di Saint-Pierre, conosceva i genitori e gli insegnanti. Si era fatta conoscere per il suo impegno anche nelle attività della Parrocchia». E proprio in questi “settori” avrebbe ottenuto il consenso elettorale che le ha garantito l’accesso nel Consiglio comunale di Saint-Pierre nel 2015.
Riguardo ai “grandi scontri” andati in scena all’interno della giunta comunale di Saint-Pierre, l’avvocato ha spiegato che «al di là di qualche contrasto, c’era un rapporto di collaborazione e di squadra tra i membri della Giunta. Ed emerge dalle nostre produzioni documentali che Carcea veniva chiamata da tutti i cittadini e le chiedevano di tutto: problemi legati alla mensa, al mancato funzionamento dell’illuminazione, alla rottura di un rubinetto dell’acquedotto…Lei rispondeva sempre e si rivolgeva ai suoi colleghi o all’ufficio tecnico. Non andava mai oltre le sue competenze». Sempre sul tema, l’avvocato ha smentito la tesi accusatoria secondo cui l’imputata si rivolgeva a Marco Fabrizio Di Donato e Antonio Raso chiedendo loro di intervenire con metodo intimidatorio per comporre le tensioni e i contrasti che aveva con altri assessori della Giunta del Comune di Saint-Pierre e, in particolare, con Alessandro Fontanelle. Anche qui, per il difensore «non esiste una prova in grado di sostenere questa tesi. Quando mai Carcea ha chiesto a qualcuno di minacciare o intimidire Fontanelle? Mai. Lo stesso Fontanelle, sentito qui come testimone, ha detto di non essere mai stato minacciato. Carcea non ha mai chiesto niente a nessuno».
Riguardo alle presunte pressioni che Augusto Rollandin avrebbe esercitato sull’ex sindaco di Saint-Pierre Paolo Lavy al fine di far ottenere all’imputata l’incarico di assessora, Peyron ha ripercorso varie intercettazioni arrivando alla conclusione: «Rollandin e Carcea non si conoscevano personalmente. E Rollandin non ha mai chiamato Lavy». Inoltre, Carcea «non aveva rapporti con Marco Di Donato, li aveva con la moglie. Per questo motivo andava a casa loro».
(f.d.)