Valtournenche: lacrime e canti per l’ultimo saluto a Leandro Pession
La bara di Leandro Pession, portata a spalla dai colleghi della Cervino spa, esce dalla chiesa di Valtournenche
CRONACA
di Davide Pellegrino  
il 03/12/2021

Valtournenche: lacrime e canti per l’ultimo saluto a Leandro Pession

Don Paolo Papone: «È successo a un uomo di una prudenza infinita, anche nei luoghi che ci sono più familiari dobbiamo imparare a essere molto guardinghi; rinunciamo agli abbracci, che metterebbero a rischio altre vite umane e la stagione invernale»

Lacrime e canti per l’ultimo saluto a Leandro Pession.

Tanta gente, nel pieno rispetto delle normative anti Covid-19, si è ritrovata questa mattina a Valtournenche per l’ultimo saluto al pisteur secouriste della Cervino spa morto martedì all’ospedale Parini di Aosta.

Pession, che il 15 dicembre avrebbe compiuto 59 anni, era stato travolto lunedì da una valanga mentre era in servizio nella parte alta del comprensorio di Valtournenche.

Lacrime e canti per l’ultimo saluto a Leandro Pession

La chiesa di Valtournenche, a ingresso contingentato, non è riuscita a contenere tutte le persone che hanno voluto tributare l’ultimo saluto a Leandro Pession.

La bara, portata a spalle dai colleghi e preceduta dai labari di Comune e Cervino spa, è stata accolta in chiesa dai canti della cantoria.

Grande lavoratore, uomo buono, sempre sorridente, era alla sua ultima stagione prima della meritata pensione.

Don Paolo Papone: «È successo a Leandro, uomo di una prudenza infinita»

Leandro Pession amava il suo lavoro e, come ha ricordato don Paolo Papone durante l’omelia, lo svolgeva con grande prudenza.

«In tutti noi c’è un grande punto interrogativo, una grande domanda sul senso di tutto questo – ha detto il parroco di Valtournenche -. C’è sgomento, dolore, è difficile non provarli e non sentire l’esigenza a metterci insieme, avere relazioni molto autentiche, che sono l’unica strada per elaborare situazioni così difficili. È capitato a una persona di una prudenza infinita, tante volte ho mangiato con lui e i suoi colleghi sulle piste. A volte, sentendomi raccontare quello che avevo fatto, lui mi diceva che era pericoloso».

Don Paolo Papone: «Nei posti che ci sono familiari dobbiamo essere ancora più guardinghi»

«Stiamo ancora aspettando la neve, non abbiamo ancora il bollettino valanghe, eppure una valanga è già arrivata e ci ha portato via Leandro – ha continuato don Paolo Papone -. Due anni fa, più o meno in questi giorni, piangevamo Roby (Roberto Ferraris, finanziere anche lui ucciso da una valanga sopra la frazione Cheney, ndr) e questo ci deve far riflettere sulla familiarità dei luoghi. Quando in un posto ti senti a casa, metti le ciabatte, abbassi la guardia. Tutti noi ci muoviamo in ambienti che diventano familiari e, proprio per questo, è il caso di diventare ancora più guardinghi. E lo dico prima di tutti per me, perché mi è capitato di staccare qualche piccola valanga, ma sono ancora qui perché erano luoghi familiarissimi».

Don Paolo Papone: «Leandro metteva sempre al primo posto la sicurezza degli altri»

«Leandro aveva ordine mentale che lo portava ad accettare il rischio su se stesso per toglierlo agli altri – ha continuato il parroco-alpinista -. L’attenzione verso il prossimo era il suo senso della vita e lo ha confermato anche con il suo ultimo gesto d’amore della donazione degli organi».

Prima della fine della celebrazione, don Paolo Papone si è rivolto in maniera accorata ai presenti riferendosi alla situazione sanitaria.

«Il momento del commiato è il più difficile – ha detto il parroco al termine della messa -. Il cuore è gonfio e c’è tanto bisogno di abbracciarsi. Ma non dobbiamo perdere di vista la realtà. Farlo vorrebbe dire rischiare di perdere altre vite umane e mettere a repentaglio la stagione invernale. Lasciamo andare Leandro e la sua famiglia senza creare assembramenti, facendoci aiutare da un canto»

(davide pellegrino)

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