Rampini allo Splendor smonta la narrazione apocalittica dei media
Rampini, editorialista del Corriere ad Aosta per la Saison Littérature con il suo nuovo libro “Il lungo inverno. False apocalissi, vere crisi ma non ci salverà lo Stato”
È sembrato che l’editorialista del Corriere della Sera, Federico Rampini, rompesse un brutto incantesimo ieri, giovedì 12 gennaio, al teatro Splendor di Aosta.
Intervistato dal giornalista Alessandro Mano per la sezione Littérature della Saison Culturelle 2022/23, ha inondato la sala gremita di gente di un insueto ottimismo: la situazione mondiale non è poi così catastrofica come ci viene raccontata.
Chi tra il pubblico non si è lasciato convincere dalle argomentazioni del giornalista, profondamente ispirate ai prodigi evolutivi che il sistema liberista (non statalista) porta con sè, ha improvvisamente tirato un respiro di sollievo: il mondo, dopotutto, non sta proprio finendo!
La tesi dell’ex-vicedirettore de Il Sole 24 e storico inviato per La Repubblica da Bruxelles, San Francisco, Pechino e New York, è che siamo completamente immersi in un tipo di narrazione del mondo che ha una forte connotazione apocalittica.
Le criticità globali non sono irreversibili
Il giornalista non ha mancato di evidenziare le criticità globali, che esistono in tutta la loro drammaticità, ma non sono completamente irreversibili o irrisolvibili. Anzi spesso sono ampiamente prevedibili, come poteva essere per la pandemia o l’invasione dell’Ucraina. Chi si eleva a “rabdomante” delle future catastrofi dell’umanità, non poche volte, ha fame di notorietà.
«Gli scienziati – ha dichiarato dal palco dello Splendor Rampini – sono pregevoli, preziosi quando fanno il loro mestiere, quando usano il loro mestiere per diventare delle celebrity, sono pericolosi».
In quanto agli operatori dei media, ha affermato che si è diffusa la convinzione che «la paura faccia audience».
Il mondo è sembrato finire innumerevoli volte, ha spiegato Rampini. E ha fatto l’esempio degli anni ‘70, quando in piena crisi energetica, il rapporto I limiti dello sviluppo profetizzava la fine delle risorse sul pianeta e di conseguenza la fine della crescita economica e invece ha affermato: «Di lì a poco sarebbe cominciato lo sviluppo più fenomenale della storia umana».
Cina e India e le altre tigri asiatiche avrebbero in pochi anni ottenuto un boom economico inimmaginabile.
Il giro del mondo dei fatti di cronaca
Guidato dalle domande di Mano, l’editorialista ha fatto un giro virtuale del mondo, commentando gli eventi più recenti saltati agli onori della cronaca.
Di tutti, dall’assalto al parlamento in Brasile, ai cambiamenti climatici, al ruolo della Cina nella guerra in Ucraina ha proposto una prospettiva controcorrente alla narrazione mainstream.
Sulle vicende in Brasile, ha smentito che il virus populista che dilaga sia di diretta genesi trumpista.
Dopotutto «Nel vicino Perù, ad esempio, sta succedendo un assalto alla democrazia altrettanto grave e sanguinoso, e lì per colpa di un presidente di estrema sinistra».
Sul ruolo cinese nella guerra in Ucraina, ha affermato che «L’alleanza tra Putin e Xi Jinping è reale e regge, nonostante il livello di stima di Xi Jinping nei confronti di Putin sia calato».
Xi e Putin hanno una cosa in comune, l’idea che l’Occidente sia un nemico, e questo calcolo di lungo termine fa sopportare alla Cina le pesanti ritorsioni della guerra.
Infine il cambiamento climatico. «Andate a chiedere al Bangladesh se vogliono intraprendere una decrescita felice. Lì hanno bisogno di crescere». Non si può arrestare il bisogno di sviluppo di quei paesi, e sono proprio quei paesi ad avere in mano le sorti climatiche del mondo. «La Cina, da sola fa le emissioni di Stati Uniti ed Europa».
Nessuna parola sull’Italia. «Il mondo mi dà già abbastanza da fare» dichiara il giornalista.
E dopo aver viaggiato con lui per tutta la sera sui teatri di crisi mondiali, se ne è usciti ridimensionati dallo Splendor.
«L’Occidente è solo una parte del mondo. Tutto quello che succede nel globo, non dipende più da noi. Lo è stato nei tempi in cui eravamo imperialisti, per fortuna non è più così».
(arianna papalia)