Corruzione in VdA: appello bis, chiesta l’assoluzione per Cuomo e Accornero
Gabriele Accornero
CRONACA
di Alessandro Bianchet  
il 16/02/2023

Corruzione in VdA: appello bis, chiesta l’assoluzione per Cuomo e Accornero

La procura generale di Torino, nell'ambito del processo di appello bis decretato dalla Cassazione, ha presentato richiesta di assoluzione al pari delle due difese

Corruzione in VdA: la procura generale di Torino ha chiesto l’assoluzione nella “replica” del processo di appello a carico di Gabriele Accornero e Gerardo Cuomo.

Dopo una discussione di circa due ore, secondo quanto riporta l’Ansa, la quinta sezione penale della Corte d’appello ha rinviato l’udienza al prossimo 2 marzo, quando dovrebbero esserci eventuali repliche e la sentenza.

La Cassazione

Il processo d’appello bis si era reso necessario in quanto, nello scorso mese di luglio, l’ex consigliere delegato del Forte di Bard, Gabriele Accornero, e l’imprenditore Gerardo Cuomo avevano visto annullare con rinvio dalla Corte di Cassazione la condanna a un anno di reclusione (sospesa per la condizionale), comminata per «corruzione per l’esercizio della funzione».

Richiesta di assoluzione

Gerardo Cuomo

La richiesta di assoluzione presentata dal sostituto procuratore generale, Marcello Tatangelo, ha visto associarsi, pur con motivazioni diverse, anche le difese di Accornero e Cuomo, rappresentate rispettivamente dagli avvocati Corrado Bellora e Alessandro Argento.

I commenti

«Noi sosteniamo dall’inizio che questa corruzione fosse inesistente – afferma a caldo all’Ansa l’avvocato Corrado Bellora -. Già la Corte d’appello aveva detto che non c’era alcun atto contrario al dovere d’ufficio, e che quindi tutt’al più si parlava di una corruzione per un atto conforme, e non contrario, al dovere d’ufficio. Poi fortunatamente, prima la Cassazione, oggi la procura generale, hanno detto che non c’era neanche la corruzione per fatto conforme ai doveri d’ufficio. Spero che lo dica anche la Corte d’appello».

L’inchiesta

L’inchiesta è quella relativa a presunti episodi corruttivi nel contesto di alcune società partecipate.

Nella tesi dell’accusa, il trasferimento di Deval dall’Autoporto di Pollein era avvenuto grazie alle pressioni di Rollandin, il quale avrebbe agito per favorire l’impresa di Cuomo.

Sempre per la Procura, il politico sarebbe stato “ripagato” con un cambio gomme gratuite per la sua auto e con la possibilità di organizzare un comizio in ottica elezioni all’interno dell’azienda del grossista alimentare.

In questo contesto, Accornero sarebbe stato il trait d’union tra gli altri due imputati.

In primo grado, i tre erano stati assolti dall’accusa di associazione a delinquere, ma condannati per altri capi d’imputazione: 4 anni e 6 mesi per Accornero e Rollandin e 3 anni e 8 mesi per Cuomo.

La Corte d’appello di Torino, però, aveva riscritto il verdetto, riqualificando il reato contestato a Rollandin in corruzione impropria e dichiarando l’accusa prescritta.

Per corruzione per l’esercizio della funzione, però, erano stati condannati a un anno l’ex consigliere delegato del Forte e l’imprenditore.

La Corte di cassazione, annullando con rinvio, aveva scritto che «in caso di assenza della spendita di competenze proprie» da parte di Accornero «andrà verificato se i fatti possano essere piuttosto ricondotti nella diversa ipotesi del traffico di influenze illecite».

Ipotesi che, evidentemente, alla luce della richiesta di assoluzione, non pare sussistere.

La Suprema Corte aveva anche evidenziato come «la rilevata manifesta sproporzione tra la prestazione del privato», tradotta nel pagamento da parte di Cuomo dei lavori edili in casa di Accornero, «e quella del pubblico ufficiale» (Accornero stesso), «che ha consentito al Cuomo prima di conseguire un locale, che era legittimamente occupato da un’altra società, e poi di ottenere un ingente risparmio per effetto del nuovo contratto stipulato nel 2018 di ben 183.585,35 euro – alla luce dello sconto sui canoni ottenuto ed in rapporto alla durata fissata in 13 anni – impone delle valutazioni che sono del tutto mancate nella sentenza impugnata».

(re.aostanews.it)

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