Migranti, Italia e Danimarca chiedono revisione Convenzioni. Cosa significa?
Roma, 24 mag. (askanews) – I cambiamenti del mondo modificano anche la scala di valori su cui è stata costruita l’Europa? E’ questa la domanda da porsi nel valutare l’iniziativa lanciata da Italia e Danimarca che in una lettera aperta chiedono di aprire un dibattito sulle Convenzioni europee, a partire dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La missiva di cui si parlava già da qualche giorno – sottoscritta anche da Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania – è stata presentata ufficialmente a Roma il 22 maggio scorso da Giorgia Meloni e Mette Frederiksen. Le due premier guidano Paesi diversi per geografia, storia, cultura, economia, appartengono a famiglie politiche opposte (Conservatori la prima, Socialdemocratici la seconda) ma si ritrovano unite, come ha detto l’italiana, da “concretezza e pragmatismo”. In particolare sul tema dei migranti: insieme ai Paesi Bassi guidano ormai da tempo il gruppo di Paesi “like minded” sul tema che si riuniscono a Bruxelles in occasione delle sedute del Consiglio europeo e ora hanno deciso di fare un ulteriore passo avanti. Vediamo dunque cosa chiedono, ricordando prima che la Carta europea dei diritti dell’Uomo è stata firmata il 4 novembre 1950 a Roma e vi aderiscono 46 Paesi (tutti i membri del Consiglio d’Europa). Prevede tra l’altro “il diritto alla vita” (art. 2) il “divieto di tortura” (art. 3), il divieto di “schiavitù o di servitù” (art. 4) il “diritto alla libertà e alla sicurezza” (art. 5). La Corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo, è l’organo giurisdizionale incaricato di assicurare il rispetto della Carta.
La lettera parte dall’assicurazione che tutti i firmatari condividono i “valori europei”, lo “Stato di diritto” e i “diritti umani”, compresa la “inviolabile dignità dell’individuo”. Allo stesso tempo, però, condividono anche “un forte senso di impegno nei confronti dei nostri Paesi e sentiamo una grande responsabilità nei confronti delle nostre società”. Per questo ritengono necessario avviare una discussione su “come le Convenzioni internazionali siano all’altezza delle sfide che affrontiamo oggi. Ciò che una volta era giusto potrebbe non essere la risposta di domani”. Dunque valori fondamentali e società moderne sono, almeno in parte, incompatibili? Sì e no, secondo i proponenti. Le idee su cui si basano le Convenzioni “sono universali ed eterne” – assicurano – ma oggi “viviamo in un mondo globalizzato in cui le persone migrano attraverso i confini su una scala completamente diversa”. E tra i migranti ci sono quelli, “molti”, che sono arrivati “attraverso percorsi legali. Hanno imparato le nostre lingue, credono nella democrazia, contribuiscono alle nostre società e hanno deciso di integrarsi nella nostra cultura”. Ma altri “sono arrivati e hanno scelto di non integrarsi, isolandosi in società parallele e prendendo le distanze dai nostri valori fondamentali di uguaglianza, democrazia e libertà”. Addirittura “alcuni”, una “minoranza”, “hanno scelto di commettere reati”, pur godendo della “nostra libertà e la nostra vasta gamma di opportunità”. E questo “rischia di minare le fondamenta stesse delle nostre società. Danneggia la fiducia tra i nostri cittadini e quella nelle nostre istituzioni”.
“Fortunatamente”, scrivono nella lettera, “molti paesi europei hanno scelto di inasprire le proprie politiche nazionali in materia di immigrazione irregolare” e “la maggior parte degli Stati membri dell’Ue è pronta a valutare nuove soluzioni” ma “c’è ancora molto da fare prima che l’Europa riprenda il controllo sull’immigrazione irregolare”. E uno degli impedimenti a questi passi avanti, secondo i proponenti, è la Corte europea dei diritti dell’uomo. “È importante valutare – si legge – se, in alcuni casi, la Corte abbia esteso eccessivamente la portata della Convenzione rispetto alle intenzioni originarie, alterando così l’equilibrio tra gli interessi da tutelare” e limitando “la nostra capacità di prendere decisioni politiche nelle nostre democrazie”. Su questo Meloni ha portato anche un esempio. Per lei bisogna evitare dei “paradossi” come quei casi “in cui in applicazione della Convenzione europea per i diritti dell’uomo è stato impedito alle nazioni di agire a difesa della sicurezza dei propri cittadini, per esempio potendo disporre l’espulsione di quei cittadini immigrati che si erano macchiati di reati gravi”. L’Italia (non solo questo governo, ma anche gli esecutivi precedenti) è stata più volte condannata dalla Corte. Ad esempio per le condizioni dell’hot spot di Lampedusa (ottobre 2023, per fatti avvenuti tra 2017 e 2019) o per respingimenti verso la Tunisia (marzo 2023 su fatti risalenti al 2017). Naturalmente la Corte potrebbe essere coinvolta nel caso di ricorsi contro i trattenimenti nei centri in Albania. “Dobbiamo vedere come la Convenzione europea per i diritti umani si attua nella realtà, dobbiamo essere in grado di proteggere i nostri cittadini da quelle persone che vengono da altri Paesi e che non si comportano nel modo in cui ci si dovrebbe comportare nelle nostre società”, ha aggiunto Frederiksen.
Su questo, dunque, chiedono un “dibattito” non semplice e sicuramente rischioso. E’ difficile che possa portare a una revisione completa delle Convenzioni o del ruolo della Corte, ma sicuramente ha l’effetto di mettere un’ulteriore pressione politica alle istituzioni europee (e ai cittadini) in tema di migranti.
Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli