Maggioranza Venezuela Ue, il Ppe vota sempre più con la destra estrema
Roma, 21 giu. (askanews) – Si stanno moltiplicando nel Parlamento europeo i casi in cui il Ppe vota allo stesso modo dei Conservatori e dei gruppi di estrema destra, o prende decisioni con il loro appoggio, contro gli altri gruppi del centro-sinistra (Socialisti & Democratici, Liberali di Renew, e almeno in parte anche i Verdi) che teoricamente, insieme ai Popolari, costituiscono la “maggioranza Ursula”, sui cui si è basata la fiducia alla seconda Commissione von der Leyen e al suo programma di legislatura.
E non si tratta solo di una sorta di nuova “maggioranza silente” (la cosiddetta “maggioranza Venezuela”) che sta emergendo sempre più spesso nel Parlamento europeo: grazie al fatto che non esiste un “accordo di coalizione” alla tedesca, e che i gruppi di centro sinistra l’anno scorso, all’inizio della legislatura, non hanno insistito per esigerlo, di fronte al rifiuto del presidente del Ppe, Manfred Weber, anche la Commissione europea si sta spostando sempre più a destra. L’Esecutivo Ue, in cui i commissari del Ppe hanno comunque una solida maggioranza, sta prendendo sorprendenti decisioni, volte soprattutto a fare marcia indietro sul “Green Deal” e a seguire la svolta autoritaria nel campo dell’immigrazione. Decisioni per cui il Ppe sa di poter contare sull’appoggio dei Conservatori, i quali non hanno alcun problema a cercare poi anche il sostegno dell’estrema destra, i gruppi dei “Patrioti” e dei Sovranisti, sempre ponti a votare all’opposto di Socialisti e Verdi.
L’ultimo caso è quello della direttiva sui “green claims”, che mira a lottare contro il “greenwashing”, ovvero le false, ingannevoli e incontrollate rivendicazioni di sostenibilità o di impegno ambientale per certi prodotti o servizi offerti dalle imprese (come, ad esempio, nel settore della moda).
La proposta di direttiva era ormai in dirittura d’arrivo nel processo co-legislativo, nella fase finale del “trilogo”, il negoziato a tre fra Commissione, Parlamento europeo e presidenza di turno del Consiglio Ue, con la prossima riunione prevista per lunedì prossimo. Ma nei giorni scorsi il Ppe aveva inviato una lettera alla Commissione chiedendole di ritirare la proposta, e, separatamente, la stessa richiesta era stata fatta anche dai Conservatori europei e dai “Patrioti”.
Contrari al ritiro, invece, gli altri gruppi politici, e in particolare i Socialisti e Democratici (S&D), i Liberali (Renew) e i Verdi, che teoricamente costituiscono, insieme al Ppe, la maggioranza a sostegno della Commissione von der Leyen II. Che cosa ha deciso a questo punto la Commissione europea? Venerdì, durante il briefing quotidiano per la stampa, i portavoce dell’Esecutivo comunitario hanno annunciato, nella sorpresa generale, l’intenzione di ritirare la proposta di direttiva. Una nuova, inaspettata marcia indietro sul Green Deal, con il pretesto di voler “tutelare le microimprese”.
Un portavoce della Commissione, Maciej Berestecki, responsabile per l’Ambiente, ha fornito nel pomeriggio una spiegazione delle motivazioni addotte per giustificare questa decisione, che deve essere ancora formalizzata. “Le attuali discussioni sulla proposta – ha spiegato – sono in contrasto con il programma di semplificazione della Commissione, in particolare per quanto riguarda le microimprese”.
“Negli ultimi mesi – ha ricordato Berestecki -, la Commissione ha partecipato in modo costruttivo ai triloghi per trovare un compromesso equilibrato tra i co-legislatori. Il nostro obiettivo è stato quello di raggiungere un accordo su una proposta legislativa che riducesse gli oneri amministrativi e la complessità per le imprese, in particolare per quelle più piccole, alla luce del programma di semplificazione della Commissione. La Commissione ha costantemente insistito su questo aspetto nelle sue discussioni con i co-legislatori”.
Al punto in cui sono ora le discussioni, tuttavia, è prevista l’inclusione delle microimprese nel campo di applicazione, ciò che sarebbe in contrasto con il programma di semplificazione della Commissione. In questo caso, ha rilevato il portavoce “circa 30 milioni di microimprese, il 96% di tutte le aziende dell’Ue, potrebbe essere coperto dalla proposta. Ciò distorcerebbe la proposta della Commissione in modo da impedire il raggiungimento degli obiettivi che persegue, ovvero sostenere lo sviluppo dei mercati verdi, evitando al contempo oneri eccessivi per le imprese più piccole”.
In questo contesto, ha confermato Berestecki, “la Commissione intende pertanto ritirare la proposta legislativa sui ‘Green Claims’. Ovviamente, la Commissione resta pienamente impegnata a contrastare il ‘greenwashing’ e a garantire che i consumatori siano correttamente informati, e continuerà – ha concluso il portavoce – a lavorare per raggiungere questo obiettivo, in particolare nel contesto dell’attuazione del quadro per la transizione verde volto a rafforzare i consumatori”.
L’ultima settimana ha registrato altri due episodi di emersione della “maggioranza Venezuela”. Il primo riguarda un rapporto di iniziativa del Parlamento europeo sul finanziamento della politica di sviluppo dell’Onu nei confronti dei paesi più poveri, in vista di una conferenza internazionale che si terrà a Siviglia a partire dal 30 giugno. Ebbene, come è stato opportunamente sottolineato da David Carretta nel “Mattinale europeo” del 20 giugno, il rapporto è stato bocciato dalla plenaria del Parlamento europeo con una maggioranza di centro-destra-estrema destra, con 240 voti contrari, 282 favorevoli (tra cui solo 12 eurodeputati del Ppe) e 26 astensioni. Il motivo della bocciatura sembra essere stato il linguaggio “troppo di sinistra” del rapporto.
Un altro episodio è quello concernente il tentativo del Ppe, dei Conservatori e dell’estrema destra di trascinare le Ong, soprattutto quelle ambientaliste, in un preteso scandalo, denunciando i finanziamenti che ricevono dalla Commissione europea per fare il proprio lavoro a difesa dell’interesse generale, e riequilibrare così lo strapotere delle lobby dell’industria e degli interessi economici privati nella battaglia senza quartiere per influenzare le decisioni sulle regole e la legislazione delle istituzioni europee.
La Commissione europea ha già chiarito la vicenda, ammettendo che c’era qualcosa da migliorare nei criteri di assegnazione dei fondi alle organizzazioni della società civile, ma rilevando che non c’erano state irregolarità o violazioni delle norme finanziarie, come ha certificato anche la Corte dei Conti europea. Ma al Ppe e ai Conservatori questo non è bastato. Così, in nome della “trasparenza”, e contando sull’appoggio, scontato, dell estrema destra, il 19 giugno hanno attivato ancora la “maggioranza Venezuela”, questa volta nella Conferenza dei presidenti (i capigruppo politici, ndr) del Parlamento europeo, per istituire una commissione parlamentare d’inchiesta focalizzata esclusivamente sui finanziamenti alle Ong.
Il tentativo di compromesso promosso dal gruppo dei Socialisti & Democratici e da quello dei Liberali di Renew, consistente nel proporre che la commissione d’inchiesta allargasse il proprio campo di applicazione per occuparsi della trasparenza di tutti i finanziamenti europei, per qualunque tipo di beneficiario (società civile, ma anche industria ed entità private, multinazionali, lobbisti, governi nazionali e le stesse istituzioni europee) è stato bocciato dalla “maggioranza Venezuela”, che ha mantenuto quindi la focalizzazione esclusiva dell’iniziativa sulle Ong.
Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese