Crack Alma: aostano a processo per bancarotta fraudolenta
La sentenza è fissata per l'11 luglio. Imputato Gioacchino Cacciatore ex presidente dell'azienda inserita nell'ati che ha costruito la pompa di benzina Valpetroli di Aosta
Verrà pronunciata il prossimo 11 luglio la sentenza del processo per bancarotta fraudolenta nei confronti di Gioacchino Cacciatore, 50enne aostano, presidente del cda dell’impresa di costruzioni Alma srl dal marzo 2010 all’ottobre 2011. L’accusa, guidata dal pm Luca Ceccanti, contesta la distrazione di 636 mila euro dalle casse dell’azienda, fallita nel 2013, nonché l’occultamento dei libri contabili.
L’accusa
In base alle indagini, portate avanti dalla Guardia di finanza aostana e coordinate dal sostituto procuratore Ceccanti, nelle cifre contestate rientrerebbero 225 mila euro usciti (non giustificati contabilmente) dai conti correnti della società (compaiono anche due assegni circolari da 13 mila euro totali, incassati da Cacciatore per crediti vantati verso l’ex ad di Alma, Alessandro Virgilio), 62 mila euro addebitati sulla carta di credito aziendale (con operazioni estranee all’oggetto sociale) e altri 35 mila euro che, come testimoniato in aula proprio da Virgilio, corrisponderebbero al saldo negativo tra quanto dato da Alma a Valpetroli (nell’ambito dell’operazione di realizzazione della pompa bianca di via Roma ad Aosta, costruita da Alma in ati con la ditta dei fratelli Ronc) e quanto tornato alla srl presieduta da Cacciatore: «Avevo chiesto liquidità per gestire i pagamenti di Alma – ha spiegato in aula l’ex ad -, per poi restituire tutto: mi hanno dato la possibilità di farlo».
Impossibile ricostruire il patrimonio netto
Sempre secondo l’accusa, l’imputato, per procurarsi un ingiusto profitto ai danni dei creditori, avrebbe reso impossibile la ricostruzione del patrimonio netto, occultando libri contabili e registri del periodo 2009 – 2013 (non consegnati nel 2014 al curatore fallimentare). Così facendo, Cacciatore avrebbe anche reso impossibile, sempre secondo il pm, verificare la causale di bonifici e assegni per 360 mila euro (febbraio 2012 – marzo 2013), e le movimentazioni con altre società che vedevano coinvolte le stesse persone inserite nei quadri di Alma (Valpetroli ed Heka).
L’udienza
La difesa, rappresentata dagli avvocati di Vercelli Marco Materi e Simone Rosazza Giangros, ha puntato ad alleviare la posizione dell’imputato, Gioacchino Cacciatore, sostenendo il suo ruolo non proprio di primo piano all’interno di Alma srl., nonché l’esistenza dei libri contabili in un computer situato nella sede dell’azienda, ma protetto da password. Questo è avvenuto attraverso la testimonianza dell’ex ad Alessandro Virgilio (che aveva già patteggiato per la stessa vicenda), che ha scatenato la reazione del pm Ceccanti.
I testimoni
Prima di Virgilio, però, in aula sono sfilati diversi testimoni. Un rappresentante della Guardia di Finanza ha raccontato la genesi dell’inchiesta, che aveva ricostruito come «l’amministratore delegato di Alma srl.» fosse anche «amministratore di Valpetroli», entrambe parti in causa dell’appalto «per la costruzione di un’area di servizio sulla SS 26, finanziato sulla base di un leasing acceso da Valpetroli per 2.4 milioni di euro a fronte di un importo totale di 3.8 milioni». Qui sarebbero appunto emersi «pagamenti e incassi tra Valpetroli e Alma» che, però, «non avevano giustificazione» e un credito di Alma da «circa 35 mila euro».
«Accordi sulla fiducia»
E’ poi toccato all’altro componente del cda, Andrea Favre, entrato in società «nel 2011, visto che si trattava di una realtà con fatturato e prospettive interessanti». Lo stesso, tra molti «non ricordo» e qualche ricostruzione a spanne ha confessato come non siano mai state fatte «riunioni del cda», ma si decidesse con «accordi sulla fiducia», e come fosse «Virgilio a operare sui conti della società; in alcune banche potevo operare anch’io, ma non ho mai prelevato». Dalle risposte di Favre, incalzato dalla difesa, è emerso anche un subappalto per lavori di carpenteria, ottenuto dalla costruzioni stradali BGF, per un’opera commissionata da Monterosa: «Viste le difficoltà mi sono messo a presentare le realtà che conoscevo» ha spiegato Favre, parlando di un’operazione in cui «abbiamo incassato 180 mila euro, avendone spesi circa 400 mila».
Virgilio fa sbottare il pm Ceccanti
E’ con le risposte dell’ex ad Alessandro Virgilio che l’atmosfera si scalda. Ricordate le tappe che hanno portato alla nascita di Alma, Virgilio ricorda di aver coinvolto Cacciatore perché «avevo bisogno di capitale, c’era amicizia», ma lo stesso non si sarebbe mai «addentrato nelle questioni di andamento della società; lo contattavamo quando serviva apporto di capitale». Se la contabilità era «condivisa tra me e Favre», la stessa era tenuta «nella sede legale dell’Alma», in un «server», con solo alcune parti «stampate». Qui, però, nasce il busillis. Virgilio, infatti, ha patteggiato in precedenza per la stessa accusa e al sostituto procuratore Luca Ceccanti i conti non tornano: «Ha detto che la documentazione è tutta nel computer – alza la voce il pm -, fallite nel luglio 2013 e lei, interrogato ad aprile 2014, non dice nulla e non rivela la password a nessuno. Si va avanti per anni con una documentazione lacunosa e lei non fa niente? Come pretende che si creda a distanza di cinque anni che c’era tutto e nessuno l’ha mai detto?!».
«Forse non ho fatto il massimo, ma ho fatto tutto quello che potevo, ero molto provato – conclude Virgilio -. In quel momento volevo solo uscire da questa situazione».
(al.bi.)