Fatture per lavori inesistenti: stangata per Giuseppe Tropiano
Una stangata. Questa mattina l’imprenditore Giuseppe Tropiano, 61 anni tra qualche giorno, è stato condannato dal giudice monocratico del Tribunale di Aosta, Davide Paladino, a due anni e mezzo di reclusione per «dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti». Il giudice nei suoi confronti ha dichiarato anche l’interdizione dai pubblici uffici e l’impossibilità di contrattare con la pubblica amministrazione per due anni, anche se va precisato che tra sei mesi scatterà la prescrizione del reato. Termine che, considerato il suo certo ricorso dinanzi alla Corte d’Appello di Torino, verrà raggiunto verosimilmente prima della fissazione dell’udienza di secondo grado.
Nel medesimo procedimento, invece, è stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato all’indirizzo del coimputato Cesare Raso, 36 anni, artigiano edile aostano.
I fatti contestati risalgono agli ultimi mesi del 2007, quando – secondo l’impianto accusatorio sostenuto in aula dal sostituto procuratore Luca Ceccanti – Cesare Raso avrebbe emesso fatture per lavori in realtà mai eseguiti in un cantiere di Pont-St-Martin, dove l’Edilsud di Giuseppe Tropiano si era aggiudicata un appalto pubblico per la realizzazione di una palestra a servizio di una scuola.
L’operazione, secondo gli inquirenti, sarebbe stata orchestrata per consentire a Tropiano di inserire nel bilancio 2008 della società «passivi fittizi» per un totale di 42.200 euro, sui quali evidentemente evase il fisco.
Tre le fatture in questione: la prima emessa a novembre del 2007 per un importo di 11 mila euro, le altre due – nel mese di dicembre – con importi rispettivamente di 20 mila e 11 mila 200 euro.
Secondo quanto emerso questa mattina in aula, anche grazie alla deposizione dell’assistente del direttore dei lavori dell’epoca, l’artigiano edile Cesare Raso in quel cantiere non ci mise mai nemmeno un piede, nonostante nell’udienza precedente sia il fratello di Giuseppe Tropiano, Salvatore, sia il geometra dell’Edilsud, Pasquale Toscano, avessero dichiarato esattamente il contrario (per questo il giudice Davide Paladino ha disposto la trasmissione degli atti in Procura per l’eventuale contestazione ai due del reato di falsa testimonianza). «Cesare Raso non l’ho mai visto in cantiere, non so chi sia», ha sostenuto il teste, seduto proprio di fronte all’imputato, aggiungendo: «Per quel che mi ricordo, i lavori di muratura esterni sono stati eseguiti direttamente dall’Edilsud» e non dalla ditta dell’artigiano Cesare Raso.
Dopodiché è toccato all’operatore di cassa della banca (ora in pensione) che nel 2007 cambiò personalmente gli assegni oggetto del procedimento penale, sottoporsi alle domande del giudice e delle parti. «Conoscevo molto bene Giuseppe Tropiano, ero un po’ il suo riferimento – ha dichiarato -. Un giorno si presentò in banca insieme a Cesare Raso, che doveva incassare un assegno emesso dall’Edilsud. Raso, però, era un po’ defilato. Mi è sembrato un po’ strano, quando qualcuno viene in banca per incassare un assegno per un lavoro che ha fatto, solitamente lo vedo contento, motivato, mentre Raso mi sembrava demotivato, quasi disinteressato».
Un’affermazione che ha spinto il pm Luca Ceccanti a commentare: «Certo, quei soldi non erano suoi, li ha presi direttamente Tropiano», anche alla luce del fatto che «la firma di girata sugli assegni fu apposta direttamente dal funzionario compiacente».
A riguardo, «c’è una perizia dei Ris di Parma che certifica come quelle firme sugli assegni non furono apposte da Cesare Raso», ha spiegato nell’arringa difensiva il suo legale, l’avvocato Massimiliano Sciulli, mentre il legale di Giuseppe Tropiano, l’avvocato Davide Sciulli, nel suo intervento ha insistito sulla «inattendibilità» di Raso, che – in occasione di un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate nel 2012 – «si autodenunciò, dando di fatto il via al procedimento penale in oggetto».
Al termine della sua requisitoria, il sostituto procuratore Luca Ceccanti aveva chiesto la condanna di Tropiano a due anni e due mesi di carcere e il non luogo a procedere nei confronti di Raso per intervenuta prescrizione del reato di «emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti».
(pa.ba.)