Tentata estorsione ad Aosta: testimonianza shock di imprenditori
Una persona suona al citofono, vuole parlare urgentemente con il figlio di colui che risponde. «Al momento non c’è, puoi dire a me oppure farti contattare», spiega chi ha risposto al citofono. A quel punto, il soggetto che ha suonato dichiara: «Sappi che mi sono stati offerti 5 mila euro per gambizzare tuo figlio e che sono stati incaricati degli albanesi per entrare in casa tua. Sanno che c’è una cassaforte».
No, non è una scena di un film. E’ quanto emerso nell’udienza in programma questa mattina in Tribunale ad Aosta, nell’ambito del processo davanti al giudice monocratico Davide Paladino nei confronti di Giuseppe Paciolla, 49 anni di Nus, e Valter Fonsato, 65 anni di Torino, coda dell’Operazione Golfo della Squadra mobile della Questura di Aosta che – nell’udienza preliminare del 30 aprile 2015 – ha già visto la condanna di Antonio D’Agostino, 36 anni di Pollein, a 3 anni e 8 mesi di reclusione, e il patteggiamento di Roberto Fonsato, 37 anni di Torino, a 8 mesi di carcere.
Quel giorno, il 22 agosto 2013, a suonare al citofono era stato proprio Antonio D’Agostino e a rispondere dall’altra parte era stato l’imprenditore edile aostano Sandro Verta, padre di André.
Le testimonianzeA incaricare D’Agostino di gambizzare André Verta – secondo quanto ipotizzato – sarebbe stato Giuseppe Paciolla, ex socio in affari dei Verta. «Quando la nostra società divenne una società a responsabilità limitata, dopo l’acquisto di un immobile da ristrutturare a Nus, lui (Giuseppe Paciolla, ndr) e sua moglie divennero amministratore delegato e presidente dell’impresa», ha affermato Sandro Verta, chiamato a deporre davanti al giudice, aggiungendo: «Nel 2012, però, mio figlio iniziò ad accorgersi di alcuni ammanchi, che hanno raggiunto i 50/55 mila euro. A quel punto nominammo lui come amministratore unico della società».
Una decisione, quello della nomina di André Verta ad amministratore unico, che Giuseppe Paciolla non prese bene. «Quando glielo comunicammo, prese il telefono e lo scagliò contro il muro. Disse che dovevamo fare attenzione», ha dichiarato André Verta davanti al giudice, aggiungendo: «A un certo punto (tramite Antonio D’Agostino, cugino della moglie di Paciolla, ndr) ci vennero avanzate delle richieste economiche, una cifra superiore ai 100 mila euro, quando invece eravamo noi che avremmo dovuto riceverne dopo quelli che avevano distratto dalla società».
Il 23 agosto 2013, quindi, avvenne il primo di diversi incontri tra André Verta e Antonio D’Agostino. «Ci incontrammo in un bar di corso Lancieri ad Aosta – ha riferito questa mattina in aula –. Volevo capire la situazione, è chiaro che quando ti dicono che ti vogliono gambizzare, un po’ di paura è ovvio che uno ce l’abbia. Mi parlò di una dichiarazione di assunzione che avrei dovuto preparargli per farlo lavorare, me la richiese praticamente tutte le volte che ci incontrammo».
Gli arrestiLe indagini della Questura di Aosta, «avviate nell’estate del 2013 nell’ambito di un’attività tecnica su Antonio D’Agostino», a seguito di intercettazioni telefoniche e attività di osservazione e pedinamento, all’alba del 28 ottobre 2013 fecero scattare le manette ai polsi dello stesso D’Agostino e dei torinesi Valter e Roberto Fonsato, padre e figlio finiti nelle pieghe dell’inchiesta per un furto in abitazione perpetrato in una villa di Chevrot a Gressan.
Accompagnati sul posto da D’Agostino, «l’organizzatore» secondo il sostituto commissario Valter Martina, Roberto Fonsato «eseguì materialmente il furto», mentre Valter Fonsato «funse da autista». Da qui la contestazione a quest’ultimo del concorso nel furto in abitazione.
Il processo a carico di Giuseppe Paciolla – imputato di concorso in tentata estorsione – e Valter Fonsato è stato rinviato al prossimo 3 febbraio per la deposizione degli ultimi testimoni e la discussione a cura delle parti.
(pa.ba.)