Protesta: Filiera somministrazione chiede unità e documento condiviso
Poco meno di un centinaio di manifestanti per il terziario rossonero in Place Deffeyes. Si abbassano i toni, la richiesta è far sentire la voce unitaria per far capire lo stato di salute della Valle d'Aosta
Unità. Di categorie, forze politiche, associazioni e sindacati. Abbassa i toni e chiede di lottare insieme e di firmare un documento unitario per rappresentare la situazione della Regione la nuova protesta della Filiera della somministrazione Valle d’Aosta, scesa in Place Deffeyes giovedì mattina insieme a tutti i settori messi in ginocchio dalla pandemia.
E il cambio di rotta è chiaro tra il centinaio di manifestanti, che ha allestito sotto palazzo regionale una cucina e un déhors desolatamente vuoti, con tanti strumenti dei vari mestieri: sci, scarponi, bilancieri, tappetini da palestra e chi più ne ha più ne metta, per rappresentare il terziario ormai alla frutta.
Il cartello a Marzi
A completare il tutto, un cartello, firmato dai partecipanti, e poi consegnato all’assessore alle Finanze Carlo Marzi con su scritto: «Maggio, i costi fissi chi li paga? Inps 16/05, costi fissi dipendenti, affitti locali vuoti, elettricità, telefono, gas e spazzatura».
Gli interventi
E poi le voci, questa volta più posate, ma sempre cariche di ansia per una situazione non più sostenibile.
«Siamo di nuovo qui, con forconi, cucine, tovaglie, pentole, sci, computer, tutto inutilizzato – esordisce una dei portavoce, Nadia Muzzolon -. Non possiamo lavorare, le cucine sono chiuse da otto mesi, prendono polvere. Il fitness è vietato, gli sci inutilizzati, le merci nelle dispense sono scadute. Per questo portiamo tutto qui, per farvi sentire la nostra presenza».
I manifestanti chiedono solo una cosa.
«Vogliamo lavorare, senza lo spauracchio dell’arcobaleno – continua Muzzolon -. Vogliamo riaprire le attività, chiediamo supporti, contributi per adeguarci nuovamente alle normative. Vogliamo che paghiate i nostri costi fissi: il tempo è finito».
Documento unitario
Traccia la nuova via Jean-Claude Brunet.
«Volevamo una manifestazione più scarna e il tempo ci ha assistito» esclama uno dei principali artefici delle mobilitazioni della Filiera della somministrazione Valle d’Aosta.
«Abbiamo allestito una bozza di déhors, così potete capire quanta poca gente ci possa stare – continua Brunet -. Abbiamo portato anche merce scaduta e tutto ciò che simboleggia la fine delle nostre attività».
Poi il cambio di marcia.
«Per noi è una questione economica – continua Jean-Claude Brunet -. Abbiamo chiesto le dimissioni, la riduzione degli stipendi, ora chiediamo unità ad associazioni, sindacati e tutti i partiti politici, sia dentro che fuori da Palazzo».
E proprio per questo motivo «abbassiamo i toni – spiega ancora -. Facciamo un passo indietro, cercando di far capire che la Valle deve presentare un documento per far comprendere che la chiusura delle regioni ci ha penalizzati molto più di altri. Rischiamo di passare da gialli a rossi per una manciata di contagiati e questo non è più sostenibile».
E arriva la richiesta.
«Capisco il presidente che si prende le responsabilità – attacca Brunet -, ma non glielo ha ordinato il dottore: si prenda questa responsabilità. Ma diciamo anche a tutti, opposizione e partiti esclusi compresi, cerchiamo unità, nessuno poi venga a dire l’avevo detto».
E il motivo è semplice.
«La percentuale di persone senza lavoro per la chiusura degli impianti da noi è più alta che altrove – conclude -. Questo tempo, poi, ci dà una mano per descrivere come sarà con l’apertura solamente dei déhors. Tutto il mondo istituzionale si metta insieme, senza serpi in seno e senza boicottare».
Non contestiamo dpi e vaccini
Chiude la carrellata un altro rappresentante, Luigi Macrì.
«Noi non contestiamo l’uso di dpi o i vaccini – spiega -, il singolo decida come meglio crede in merito. La nostra protesta ha motivi economici. Dodici mesi sono passati e nulla è cambiato e nonostante la maggiore conoscenza del virus i protocolli non si sono evoluti. Chiusure e coprifuoco non sono più la soluzione. Si dia una spinta alle sovvenzioni e ci sia permesso di tornare a fare il nostro lavoro».
E chiosa.
«Siamo stanchi di protestare e non essere ascoltati».
(alessandro bianchet)