FrontDoc, Les Prières de Delphine miglior film dell’edizione 2021
FrontDoc ha spento i riflettori sulla rassegna, sabato sera, con la premiazione dei film e l'anteprima del film di Gian Luca Rossi dedicato ai Kina
FrontDoc, Les Prières de Delphine miglior film dell’edizione 2021.
FrontDoc ha spento i riflettori sulla rassegna, sabato sera, con la premiazione dei film e l’anteprima del film di Gian Luca Rossi dedicato ai Kina.
È finita col botto la decima edizione di FrontDoc, il festival internazionale del cinema di frontiera, sabato sera, al Teatro della Cittadella.
Sala piena e lunghi applausi, sia per i film vincitori, ma, soprattutto, per la proiezione del film di Gian Luca Rossi, uno dei sei direttori del festival, insieme a Nora De Marchi, Laurent Vicquéry, Alessandro Stevanon, Daniele Mantione e Joseph Péaquin, che da musicista e fan, ha tratteggiato la storia della band che ha portato il punk italiano (e valdostano) sui palchi di tutta Europa, restando quasi sconosciuta e sicuramente non capita, nella sua città di origine.
I premi
Sono le donne al limite a vincere l’edizione numero 10 di FrontDoc. Donne le protagoniste dei tre film premiati dalla giuria e tre le donne dietro alle telecamere.
Tre storie che vedono protagoniste le donne, tra culture diverse che si ritrovano unite da retaggi sociali, comunità patriarcali e derive religiose, tre generazioni, tre Paesi lontani l’uno dall’altro, raccontati magistralmente.
A vincere la decima edizione del festival del cinema dedicato al documentario è Les Prières de Delphine di Rosine Mbakam.
«Il film, attraverso la scelta di un singolo spazio e inquadrature statiche, si costruisce attorno alla testimonianza della protagonista che riesce ad evocare un universo con la sola forza della parola. Attraverso il racconto della vita della protagonista il documentario rivela un quadro complesso e drammatico che vivono molte donne africane. Rosine Mbakam conferma la sua capacità di raccontare il reale attraverso la forza delle persone filmate e l’intimità che riesce a costruire con loro» è la motivazione della giuria, formata da Chiara Andrich, Luca Ferretti e Alberto Diana.
Tra i lungometraggi la giuria ha voluto segnalare anche una menzione, a Esquirlas (Splinters) di Natalia Garayalde, «Per la capacità di costruire una (auto)narrazione forte e consapevole su uno dei più grandi scandali della storia recente del suo Paese, l’Argentina, che, partendo dalle immagini girate in famiglia con una videocamera domestica, racconta in presa diretta il dramma che sconvolge la vita della sua comunità»
The Doll di Elahe Esmaili è il miglior mediometraggio, «Per la capacità di dipanare i molteplici punti di vista di un gruppo familiare dando vita a un discorso corale e articolato, in bilico tra valori tradizionali e contemporanei. Il film con sguardo sensibile indaga e mette in discussione un fenomeno complesso come quello dei matrimoni precoci nella società iraniana».
Infine tra i cortometraggi la giuria ufficiale ha premiato A Comuñón da Miña Prima Andrea «Riconfigurando con ironia e semplicità, attraverso le immagini di famiglia, il concetto di “documentario partecipativo”, il cortometraggio combina diversi registri in un dialogo vertiginoso e ludico tra sacro e glamour, tra religione e reggaeton».
Due le menzioni che la Giuria Giovani (Eleonora Garzotto, Elizabeth Gobbo, Ludovico Franco, Manuele Enria, Anthony Grasso) ha voluto
assegnare nella sezione dei cortometraggi, a And Then They Burn The Sea «una poesia e una bellezza uniche, mostra che non servono parole ma bastano le immagini per raccontare il disorientamento di fronte alla perdita della memoria» e Come il bianco, della valdostana Alessandra Celesia (corto selezionato per i Césars francesi) «per il comportamento spettacolari della mamma nei confronti della figlia». Il miglior cortometraggio per la Giuria Giovani è Mission Hebron di Rona Segal che ha colpito i ragazzi «per la differenza della realtà di ragazzi soldati costretti a commettere atti che non vorrebbero e la nostra».
Tra i mediometraggi i giovani hanno premiato Icemeltland Park di Liliana Colombo «per la percezione del mondo sotto una luce diversa che mostra come le persone sfruttino i cambiamenti climatici per guadagno personale».
Il miglior lungometraggio per la Giuria Giovani è Imad’s Childhood di Zahavi Sanjavi «ci fa comprendere l’Isis e come un bambini si porterà dietro le ferite subite, ci ha colpito molto le differenze tra la sua infanzia e la nostra».
I giovani hanno anche voluto assegnare una menzione a Les Prières de Delphine, «un viaggio statico che ti porta dentro il mondo di Delphine».
Infine il Premio del Pubblico è andato a Limiar (Threshold) di Coraci Ruiz. Il film ripercorre la transizione di genere di un ragazzo attraverso gli occhi della madre. Tra il 2016 e il 2019 il regista ha documentato il percorso di transizione f to m del figlio. Affrontando i conflitti, le certezze e le incertezze che lo pervadono in una profonda ricerca della sua identità. Da dietro la camera, prende parte alle complessità del momento, cogliendo il cambiamento famigliare e tessendo un delicato dialogo sulla storia del femminismo in Brasile, le criticità dei generi e gli stereotipi in cui tutte e tutti sono coinvolti.
(erika david)