CVA: DDL Concorrenza, Argirò chiede stralcio delle concessioni idroelettriche
L'amministratore delegato lancia l'allarme anche in vista della transizione ecologica; l'accelerazione delle procedure porterebbe vantaggi solo a grandi operatori e a forze estere
No alle accelerazioni sulle gare per le concessioni delle grandi derivazioni idroelettriche in segno al DDl Concorrenza, ma piuttosto ripensare il quadro normativo del settore idroelettrico e arrivare a un piano di investimenti straordinari per affrontare al meglio la transizione ecologica. Non le manda a dire l’amministratore delegato di CVA, Giuseppe Argirò, audito martedì 15 dalla 10ª commissione permanente Industria, Commercio, Turismo del Senato.
Netta contrarietà
L’ad di Cva, infatti, non ha lesinato critiche, esprimendo la netta contrarietà al testo e chiedendo lo stralcio della parte relativa alle grandi derivazioni dal disegno di legge.
Ad Argirò, infatti, non va giù l’accelerazione imposta dal DDL proprio alla gare per le concessioni.
E i motivi alla base di tale opposizione sono tanti, andando dal non tenere «conto del valore strategico del comparto ai fini della sicurezza energetica del Paese», passando per il contrasto «con le priorità oggi unanimemente condivise».
Gli effetti negativi
Secondo Giuseppe Argirò, gli effetti del DDL sull’intero comparto sarebbero tanti e tutt’altro che positivi, partendo dal blocco «degli investimenti strategici nel settore idroelettrico italiano», passando per il rallentamento «dell’evoluzione tecnologica» in un campo che, peraltro, «non consente a nessun operatore e a nessun Paese di perdere il passo».
La cosa che sta ovviamente più a cuore a Cva è che l’idroelettrico italiano sarebbe così «esposto alla mercé di operatori esteri, senza alcun bilanciamento né opportunità per gli operatori nazionali», visto che altrove le concessioni non sono messe a gara.
Inoltre, questo avvantaggerebbe l’ingresso di «operatori dotati di mezzi finanziari, ma non adeguatamente qualificati», dando innegabili vantaggi, alla luce delle ridotte tempistiche per le procedure di gara, a «operatori di maggiori dimensioni, con il rischio di ritornare a livelli di concentrazione cui si era tentato di rimediare con la liberalizzazione di 20 anni fa».
A questo si aggiungerebbe anche l’ulteriore difficoltà «di definizione delle modalità di partecipazione del settore idroelettrico alla costruzione di un equilibrio di medio-lungo periodo nei prezzi dell’energia elettrica».
Le proposte
L’attacco di Giuseppe Argirò si è poi trasformato in fase propositiva.
Per prima cosa, l’ad di Cva ha evidenziato la necessità di «un piano su larga scala di investimenti» nel comparto idroelettrico per compensare «lo shock energetico» portato dall’aumento del gas, così da riequilibrare «l’attuale mix di produzione energetica».
Contando che il raggiungimento dei target Green Deal passa per un’implementazione di 70 GW entro il 2030 degli impianti di energia rinnovabile, Argirò chiede «il mantenimento e il potenziamento della capacità esistente», agendo su «repowering e ammodernamento degli impianti idroelettrici».
Richiedendo poi un nuovo quadro normativo in materia, l’ad di Cva ha chiesto anche «un’armonizzazione del contesto regolatorio a livello comunitario» per poter pensare di avviare «procedure competitive», ma anche che in tal caso venga dato «spazio alla valutazione dei progetti di sviluppo e delle qualificazioni degli operatori» e non solo «ai canoni ottenibili».
E ha chiuso chiedendo di consentire agli operatori, con l’estensione o la riassegnazione delle concessioni, la proposta di «piani di investimento straordinari stimati in oltre 10 miliardi».
(al.bi.)