Omicidio Serban, la sentenza: «Da Falloni menzogne per ottenere compassione»
Depositate le motivazioni del verdetto con cui la Corte d'Assise di Aosta ha condannato all'ergastolo l'omicida di viale del Partigiani (Aosta)
Gabriel Falloni, il 36enne di Sorso condannato in primo grado all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Aosta, «ha fatto ingresso nell’edificio ove si trovava l’alloggio di Elena Raluca Serban con la finalità di sottrarre danaro alla donna, utilizzando ogni violento mezzo che si rendesse necessario allo scopo». E’ quanto messo nero su bianco nelle motivazioni della sentenza dal presidente Eugenio Gramola.
In 68 pagine viene ricostruito quanto emerso dalle indagini relative al delitto di viale dei Partigiani (Aosta), avvenuto nell’aprile 2021.
Le motivazioni
Secondo la Corte d’Assise, per impossessarsi dei soldi presenti nell’alloggio della giovane escort Falloni ha «usato la necessaria violenza nei confronti della donna, che verosimilmente si sarebbe avveduta della condotta di sottrazione posta in essere» dall’imputato. «Tuttavia non si è rivelato sufficiente il semplice mettere fuori combattimento la Serban» strangolandola, in quanto la donna «avrebbe potuto denunciarlo. Falloni ha quindi deciso di uccidere la donna. Ha rinvenuto un coltello e ha inferto tre colpi» alla gola della 32enne.
E dopo aver pulito la scena del crimine e messo un borsone della vittima tutto ciò che poteva portare alla sua identificazione, Falloni si era allontanato dall’alloggio con circa 8 mila euro.
Colpevole di omicidio e rapina, dunque.
La confessione
E poco conta il fatto che, una volta catturato dalla Squadra mobile, l’imputato abbia confessato il delitto. «Questa Corte – si legge in sentenza – non crede quasi a nulla di ciò che ha raccontato Falloni». Come già aveva riferito ai pm Manlio D’Ambrosi e Luca Ceccanti in carcere, durante il processo di primo grado l’omicida ha spiegato di aver reagito violentemente a una battuta a sfondo sessuale pronunciata dalla donna. In un primo momento aveva tentato di strangolarla, ma aveva poi lasciato la presa. La vittima avrebbe quindi afferrato un coltello; lui la avrebbe disarmata e poi colpita solo per difendersi. Una ricostruzione, quella dell’imputato, che non ha convinto la Corte (anche alla luce di quanto emerso dalle analisi del medico legale).
Allo stesso modo, anche il «complessivo racconto del proprio vissuto offerto da Falloni – annota Gramola – altro non è che una squallida e deplorevole architettura finalizzata a ottenere la compassione della Corte».
Impossibile concedere attenuanti, in quanto «suonerebbe come un inverecondo premio al mendacio, alla simulazione e alle turpi e menzognere accuse sollevate nei confronti di famigliari, maestri, compagni di scuola, personale carcerario, suore, preti, e di molti altri soggetti che hanno avuto occasione di entrare in contatto con Falloni».
In pratica, secondo la Corte, l’imputato avrebbe tentato di apparire come una «vittima di gravissime condotte. Nel suo immaginario, ciò dovrebbe in qualche modo giustificare, o per lo meno rendere meno grave e più comprensibile il fatto che egli stesso abbia a sua volta agito con modalità violente» nei confronti di altre persone.
A partire dal 2010, Falloni ha collezionato condanne per furto, violenza sessuale, sequestro di persona, rapina, lesione personale ed evasione.
(f.d.)