Delitto Serban: attenuanti a Falloni per la sua «estrema e desolante solitudine»
Non è stata la confessione, definita dai giudici «una prova che quando è stata fornita era già superflua, perché gli elementi erano già soverchianti, e che è stata accompagnata da non poche bugie», ma il «il quadro di estrema, desolante solitudine che pare averne accompagnato, se non l’intera esistenza, quando meno la fase adulta» a suggerire la concessione, in Appello, delle attenuanti generiche a Garbiel Falloni, condannato a 24 anni per il delitto Serban, avvenuto il 17 aprile 2021 nell’appartamento della donna in viale Partigiani ad Aosta. In primo grado, la Corte d’Assise di Aosta aveva inflitto all’uomo la pena dell’ergastolo.
A scriverlo è la prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Torino. Nelle 24 pagine di motivazioni – depositate il 20 aprile e i cui contenuti sono stati resi noti in anteprima da Gazzetta Matin lunedì 1° maggio (qui la versione digitale del giornale) – i giudici hanno ripercorso la vicenda.
«La ricostruzione dell’accusa sul delitto Serban immune da vizi logici»
«La ricostruzione proposta dall’accusa e fatta propria dal giudice di primo grado – si legge -, secondo la quale l’imputato si è recato a casa della vittima (Elena Raluca Serban, 32 anni, ndr) per impossessarsi con violenza o minaccia del suo denaro, dopodiché il fatto si è sviluppato in un omicidio, oltre a essere immune da vizi logici, è l’unica suffragata dalle prove raccolte nel giudizio».
I giudici torinesi hanno ritenuto inammissibile «la richiesta di riqualificare il delitto di cui al capo 2 (la rapina, ndr) e l’esclusione della circostanza aggravante del nesso teleologico».
Per la corte, poi, non è possibile «né affermare né escludere che fra l’imputato e la vittima vi siano stati effettivamente dei contatti prima del 17 aprile 2021». A sostenerlo, infatti, è «solamente l’imputato, sulla cui attendibilità la Corte d’Assise di Aosta si è pronunciata in termini assolutamente condivisibili». Ricordiamo che per i giudici di primo grado la confessione di Falloni è «largamente mendace».
Sempre secondo la sentenza d’appello, «una relazione interpretata dall’imputato come connotata da elementi di sincera affezione, avrebbe dovuto materializzarsi, nell’arco di un anno e mezzo, quanto meno in qualche messaggio chat o in qualche fotografia», ma «nulla di ciò è stato rinvenuto dagli inquirenti né prodotto dalla difesa».
«Ricostruzioni di Falloni trovano agli atti solamente smentite»
Ancora. Le ricostruzioni «proposte dall’imputato dalla sua difesa manifestano evidenti vizi logici e trovano agli atti solamente smentite». In particolare, le immagini a disposizione consentono di escludere che il 37enne di origini sarde «si sarebbe recato dalla vittima al solo scopo di consumare un rapporto sessuale».
L’imputato si è presentato sotto casa della vittima col volto coperto. Per il collegio giudicante, «appare piuttosto debole la spiegazione secondo la quale l’imputato non avrebbe desiderato far sapere che stava andando da una prostituta, sia perché difficilmente qualcuno l’avrebbe riconosciuto, sia perché nessuno avrebbe potuto dedurre che egli intendesse andare proprio da Serban», il tutto, nella ricostruzione dei giudici, «ammesso e non concesso che nel palazzo si sapesse qual era il mestiere che svolgeva la donna».
Le intenzioni illecite
Quanto all’aver spinto la maniglia della porta del palazzo con l’avambraccio, «non è vero che l’imputato avesse in mano il cellulare» e il gesto sarebbe stato posto in essere con lo «scopo di non lasciare impronte». Per i giudici è lecito dedurre che «già in quel momento l’imputato fosse animato da intenzioni illecite». Anche per la Corte d’Appello, la ricostruzione di Falloni presenta «numerosi profili di palese inverosimiglianza».
Un altro elemento a sostegno dell’intenzione di compiere la rapina emerge, dalle motivazioni, dal fatto che «una volta uccisa la donna», Falloni «sia messo alla ricerca metodica di tutto il denaro presente nell’appartamento, trovandolo e portandolo con sé».
Non solo. La condotta di Falloni dopo il delitto si concilia «con l’assenza di premeditazione rispetto all’omicidio e denota semplicemente un comprensibile turbamento».
Infine, il fatto che Gabriel Falloni «non aveva amici, relazioni affettive» ed «era in urto con la famiglia» non ha avuto «riflessi sulla sua capacità di intendere e volere»; ma «appare conferme a equità dargli rilievo mitigando il trattamento sanzionatorio».
(Thomas Piccot)
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