Roma, card. Reina dedica casa per donne vittime di violenza
Città del Vaticano, 4 giu. (askanews) – Una casa per ospitare donne vittime di violenza e protette internazionalmente, che consenta loro di rafforzare l’autonomia abitativa, economica e relazionale, completare percorsi formativi o lavorativi, costruire una rete sociale e territoriale, superare i traumi legati a violenza. È questo lo scopo di Casa “Beata Anuarite”, promossa dalla Caritas diocesana di Roma in collaborazione con le suore Francescane ausiliarie laiche missionarie dell’Immacolata e l’Associazione Laicale Missionaria.
È stato ieri il cardinale Baldo Reina, vicario del Papa per la diocesi di Roma, durante la visita alle donne residenti e alle religiose, a dedicare la struttura alla Beata Clementina Anuarite, una giovane suora dell’attuale Repubblica Democratica del Congo, un’insegnante appartenente alla comunità di Jamaa Takatifu della congregazione delle Suore della Sacra Famiglia.
Ad accompagnare il porporato c’era il direttore della Caritas diocesana di Roma Giustino Trincia.
L’appartamento di semiautonomia si inserisce nell’ambito di un percorso di promozione sociale pensato per donne che, dopo una fase di accoglienza protetta in comunità o centri antiviolenza, iniziano a vivere in modo più indipendente ma con un supporto ancora attivo, per consolidare la loro posizione lavorativa, economica e familiare al fine di divenire pienamente autonome e autosufficienti nella soddisfazione delle proprie necessità e bisogni. Attiva dal 2020 nella zona del Trullo, la casa ha 6 posti di accoglienza ed ha accolto 23 donne, 11 delle quali nel 2024, con una permanenza media di circa dieci mesi. Le donne nigeriane sono state le ospiti più numerose (10) seguite da altre nazionalità: Repubblica Democratica del Congo, Senegal, Costa d’Avorio, Somalia, Etiopia, Burkina Faso, Iraq, Tunisia, Siria.
“In questa casa – ha detto il cardinale Reina – sperimentiamo quella che Papa Francesco chiamava la fantasia dell’amore. Un sentimento che nasce dalla compassione e che poi si mette in movimento, come è successo al Buon samaritano, generando tutta una serie di azioni e di gesti che vanno dall’occhio che guarda, alle ferite da sanare, al corpo da mettersi sulle spalle. Le due aggregazioni missionarie e la nostra Caritas diocesana hanno aperto il cuore, hanno aperto l’orecchio e hanno dato vita a questa realtà: un luogo in cui c’è spazio per tutti e c’è spazio per l’impegno di tutti”.