Bite, il centro di innovazione dove Barilla progetterà il suo futuro
Parma, 18 nov. (askanews) – Si annuncia come il luogo dove nascerà il futuro di Barilla, dove verranno studiati, progettati e testati i prodotti destinati alle tavole di oltre 100 Paesi del mondo. Bite, questo il nome scelto per il centro di ricerca e sviluppo, apre i battenti dopo quattro anni di lavori. Un investimento di oltre 20 milioni di euro, cui ogni anno si aggiungeranno circa altri 2 milioni per progetti specifici di upgrading sugli impianti, per portare sul mercato novità ma anche per migliorare prodotti e processi esistenti.
In questo spazio di quasi 14mila metri quadri, di cui 4.800 dedicati all’innovation center e 9.000 per gli impianti pilota, il centro accoglierà 200 i professionisti, dalle competenze più diverse, tra tecnologi alimentari e agronomi, ricercatori, data analyst e ingegneri, chimici e biologi, food designer, scienziati, tecnici e cuochi che progetteranno il futuro dell’industria alimentare. Ma attraverso programmi di internship, a Bite ogni anno arriveranno 30 giovani talenti e sarà il cuore di un ecosistema di open innovation che conta già 84 collaborazioni attive con università e centri di ricerca in Italia e nel mondo. “Nostro padre usava dire che tutto quello che fa un’impresa è fatto per il suo futuro e questo ne è l’esempio fondamentale – ha detto nel suo intervento il presidente Guido Barilla – Ogni innovazione inizia con qualcuno che si fa delle domande, con qualcuno che pensa alle cose e immagina degli scenari che oggi non ancora esistono”.
Radicato nel cuore della Food valley, Bite, che sta per Barilla innovation & technology experience ma che evoca anche il verbo mordere in inglese come ha ricordato Michele Amigoni, responsabile Rdq del gruppo Barilla, vedrà lo sviluppo dei prodotti per tutti i brand del gruppo, da quelli destinati al mercato italiano a quelli per l’estero. Un laboratorio dove la cultura “analogica” del prodotto – i classici assaggiatori esperti ad esempio – incontreranno le frontiere della tecnologia alimentare. Strumenti di precisione sostituiranno metodi empirici di valutazione della capacità di un fusillo al bronzo di trattenere il sugo, ad esempio, o la friabilità di un cracker, o ancora la morbidezza di un pane integrale. E c’è anche un naso elettronico in grado di individuale le molecole aromatiche del basilico. Toccherà poi a un modello di intelligenza artificiale elaborare i dati raccolti e creare la mappa aromatica della varietà testata.
“Il taglio del nastro di oggi rappresenta per noi, per l’azienda, un forte cambio di mentalità – ha aggiunto Guido Barilla – Oltre a dare forma a quelli che saranno i prodotti di domani e a migliorare tutto ciò che già oggi abbiamo nel nostro portafoglio, rappresenta una scelta imprenditoriale ben precisa. La Barilla del futuro dovrà essere un’azienda sempre più aperta, attenta, evoluta e in grado di mantenere salde le proprie radici, ma sempre pronta a cogliere con coraggio le opportunità”.
Nel solco di quella che è la tradizione Barilla, anche l’innovation center conferma il legame dell’azienda con l’arte e la cultura. Così dopo le opere di Pomodoro, Guttuso, Sironi e Mattioli, per citarne alcuni, che accompagnano il visitatore fin dall’arrivo allo stabilimento, all’ingresso di Bite ad accoglierli c’è la scultura di Paolo Borghi “La condizione del tempo”. Perchè per dirla con le parole di un emozionato Guido Barilla: “Questo sarà un luogo che parla al mondo, perché l’Italia e Parma hanno ancora molto da dire quando si parla di cultura del cibo, di creatività e di qualità. Il futuro che immagino non nasce da un’intuizione, ma da una responsabilità. E la responsabilità di chi ama il proprio mestiere e di chi ogni giorno lavora per costruire qualcosa che rimanga nel tempo”. “La giornata di oggi non è per ricevere consenso – ha concluso commosso – l’impresa è un mestiere difficile dove di certezze ce ne sono poche, tutto quello che facciamo compreso questo è un impegno che condividiamo con tanta gente. Questa casa darà modo a tutti quelli che parteciperanno di provare a disegnare con impegno il futuro, che è la vocazione delle imprese”.
