Appello Geenna: chiesta la conferma delle condanne, con un “aumento” per Raso
CRONACA
di Federico Donato  
il 17/05/2021

Appello Geenna: chiesta la conferma delle condanne, con un “aumento” per Raso

Ecco le richieste: 10 anni per Marco Sorbara, 10 per Monica Carcea, 11 per Nicola Prettico, 11 per Alessandro Giachino e 13 anni e 6 mesi per Antonio Raso

Dieci anni per Marco Sorbara (ex assessore ad Aosta ed ex consigliere regionale), dieci per Monica Cacea (ex assessora a Saint-Pierre), 11 per Nicola Prettico (ex consigliere ad Aosta), 13 e sei mesi per Antonio Raso (ristoratore aostano, presunto membro di spicco del Locale) e 11 per Alessandro Giachino (dipendente del Casinò di St-Vincent). Queste le richieste di condanna avanzate dal sostituto procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi nell’ambito del processo d’Appello relativo all’inchiesta Geenna.

Una sostanziale conferma delle pene comminate in primo grado dal Tribunale di Aosta, fatta eccezione per Raso. Nei confronti del ristoratore aostano accusato di associazione mafiosa, infatti, la Procura è tornata a chiedere la condanna anche per voto di scambio; accusa da cui era stato assolto.

La requisitoria

Nella sua requisitoria, andata in scena nella mattinata di lunedì 17 maggio nell’aula 49 del Tribunale di Torino e durata quasi 3 ore, Avenati Bassi ha evidenziato come «dobbiamo chiederci: c’è l’offensività? I diritti delle vittime sono stati lesi?».

La risposta fornita dall’accusa è “sì”. Perché «anche analizzando solo i fatti meno gravi, quelli borderline» contenuti nelle carte del processo, «le vittime hanno subìto delle interferenze pesantissime».

Poi la precisazione del pg: «Questo processo è per garantire la libertà di chi vuole scegliere un idraulico, partecipare ad un appalto privato. Non è contro i calabresi, ma per la libertà. Anche quella politica ed elettorale. Perché anche gli eletti non sono liberi. Carcea, ad esempio, non può incontrare direttamente Ego Perron (che all’epoca dei fatti era assessore regionale ndr), ma deve cercare un appuntamento tramite Raso».

Ha ribadito ancora il pg: «L’interesse tutelato in questo processo, il bene offeso, è proprio la libertà».

Il Locale

Dopo aver ricostruito alcune vicende documentate dai Carabinieri coordinati dalla DDA di Torino, poi, Avenati Bassi ha esclamato: «Qui non parliamo di un’associazione benefica, di una onlus o di scout» bensì «di un Locale di ‘ndrangheta».

E ancora: «L’associazione agisce su due versanti. Il primo è il controllo della comunità calabrese in Valle d’Aosta, almeno di una parte. Hanno l’ardire di controllare le vicende all’interno della comunità di riferimento, vogliono il monopolio. Certo il controllo può essere parziale, ovviamente non comprende tutti i calabresi, ma l’importante è che non ci può essere un’autorità alternativa».

Il secondo aspetto secondo il magistrato piemontese riguarda invece la volontà di accreditarsi con la Calabria. Ha precisato Avenati Bassi: «Per capirlo basta vedere l’interlocuzione che nel 2014 ci fu tra l’allora segretario del PD di Locri e Antonio Raso per organizzare un viaggio in Valle d’Aosta per il governatore calabrese. Raso preparò addirittura una bozza di invito. E l’incontro (che in realtà poi non ci fu ndr) tra il governatore calabrese e il presidente della Regione non sarebbe avvenuto in un luogo istituzionale, bensì nel ristorante di Raso». Per il pg «Raso qui si comporta come se fosse un’istituzione».

In aula erano presenti Sorbara (avvocati Sandro Sorbara e Raffaele Della Valle) e Carcea (difesa da Claudio Soro e Francesca Peyron); entrambi sono accusati di concorso esterno. Raso (difeso da Pasquale Siciliano e Ascanio Donadio), Giachino (Soro e Peyron) e Prettico (avvocato Guido Contestabile), imputati per associazione mafiosa, erano collegati dalle rispettive carceri.

L’udienza

Terminata la requisitoria dell’accusa, la Corte d’Appello ha rinviato il processo al 31 maggio, quando prenderanno la parola le quattro parti civili: la Regione Valle d’Aosta (avvocato Riccardo Jans), i Comuni di Saint-Pierre (Giulio Calosso) e di Aosta (Gianni Maria Saracco) e l’associazione Libera. Poi sarà il momento delle arringhe difensive.

Stando all’attuale programmazione, la sentenza è attesa per il 21 giugno.

Domani (martedì 18), invece, sempre a Torino, prenderà il via il processo d’Appello per gli imputati che in primo grado avevano scelto il rito abbreviato. Tra questi ci sono il presunto boss Bruno Nirta, i fratelli Marco e Roberto Di Donato e Francesco Mammoliti; tutti accusati di associazione mafiosa e tutti condannati dal gup di Torino Alessandra Danieli.

(f.d.)

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