Scuola e smartphone, la parola all’esperta
Il tema cellulari a scuola è tornato d'attualità dopo la mozione approvata in Consiglio regionale. Riproponiamo l'intervento della pedagogista, counsellor e formatrice Licia Coppo pubblicato su Gazzetta Matin di lunedì 8 ottobre, che offre un'interessante riflessione non solo dalla parte dei ragazzi.
Considerata la mozione approvata dal Consiglio regionale sul tema ‘scuola e cellulari’, riproponiamo una interessante riflessione della pedagogista, counsellor e formatrice Licia Coppo che abbiamo pubblicato su Gazzetta Matin di lunedì 8 ottobre, prendendo a pretesto la notizia circa la prima scuola phone free d’Italia, il liceo sportivo paritario cattolico San Benedetto di Piacenza che si è dotato di un dispositivo che arriva dalla California e permette di schermare il segnale dei cellulari in classe.
. Il funzionamento è semplice. Alla prima ora di lezione, ogni studente inserisce il suo smartphone in una custodia, dotata di una chiusura che solo l’insegnante può sbloccare con uno strumento ad hoc. L’astuccio può essere tenuto dallo studente oppure riposto nel contenitore presente in classe. Per la durata delle lezioni, ricreazione compresa, il cellulare resterà inutilizzabile e schermato.
La parola all’esperta
Ecco l’intervento dell’esperta che offre una interessante lettura anche sul perchè i ragazzi, annoiati, tirano fuori il cellulare durante la lezione.
Non solo uno strumento per favorire la socialità dei ragazzi, ma anche uno strumento per arginare in maniera efficace il cyberbullismo che molto spesso passa attraverso lo smartphone utilizzato a scuola.
Per qualcuno però, schermare il cellulare per impedirne l’uso è considerato una resa, un po’ come ammettere il fallimento di una politica educativa che per stare in piedi deve necessariamente servirsi del divieto.
Alla pedagogista, counsellor e formatrice Licia Coppo abbiamo chiesto una riflessione su un tema molto sentito dalle famiglie: da un lato la necessità espressa dai ragazzi di una continua connessione con amici, gruppi virtuali, social che spesso diventa fonte di distrazione fino a sfociare in una vera e propria dipendenza. Dall’altra, l’indubbio valore della tecnologia, l’aiuto che essa fornisce nello studio e nell’approfondimento di alcuni temi richiesti dalla stessa scuola.
«E’ utile un distinguo per età»
«Un liceo phone free fa certamente notizia ma farei un distinguo in relazione all’età, parlando di un’educazione digitale che si conquista per tappe – spiega l’esperta -. Ecco perchè, da pedagogista e da mamma sarei a favore di un dispositivo che scherma gli smartphone alle scuole medie ma non sarei della stessa opinione per i ragazzi più grandi, in età da liceo».
Scuole medie
«Ritengo che 11 anni siano troppo pochi per dotare i ragazzi di smartphone. L’età giusta a mio avviso è 13-14 anni, quando un percorso di educazione digitale è già pienamente avviato.
Ecco perchè una scuola media free phone potrebbe essere un buon esperimento. Ci troviamo nella disfuzione tutta italiana ‘sì al cellulare ma non a scuola’, quando però né genitori né insegnanti hanno gli strumenti necessari a verificare che davvero il telefono in classe non arrivi e sopratutto non venga utilizzato e diventi quindi fonte di distrazione quando non di dipendenza.
Devo dire che so di alcune scuole medie valdostane che hanno tentato di proporre la scatola dei telefoni in bidelleria, oppure sperimentato il cassetto chiuso a chiave dall’insegnante dove riporre gli smartphone.
Certamente questa sorta di sistema anti-taccheggio sperimentato al liceo San Benedetto di Piacenza incontrerebbe qualche problema organizzativo – spiega – penso al tempo ‘rubato’ al primo modulo di lezione per mettere i cellulari negli astucci e lo stesso tempo, all’ultima ora, per toglierli dall’astuccio. Tuttavia potrebbe essere un buon sistema per limitare l’uso del cellulare, ma non fine a stesso, quanto nel solco di un percorso di educazione digitale».
Spesso però è la stessa scuola, fin dal primo anno, a richiedere lo smartphone, vedi gruppi whatsapp di classe per le comunicazioni con gli insegnanti, con i compagni di classe, documenti di studio spediti via mail…
«Vero e infatti la tecnologia come strumento di lavoro è una grande conquista. Ma per questo non è necessario uno smartphone sul banco; la famiglia può tenere a casa un tablet, con una scheda dati e agevolare, attraverso gruppi whatsapp o strumenti come Google Drive, il lavoro dei propri figli. Le mail sono ottimi strumenti di lavoro e aiutano i ragazzi ad acquisire dimestichezza con il telefono. Il pc a casa, le app giuste, il tablet… l’educazione digitale si fa per tappe, senza strafare con la tecnologia, ma avvicinandosi gradualmente, in modo controllato, fino ad arrivare a un uso consapevole e moderato».
Scuole superiori
«La sperimentazione dell’astuccio che scherma i telefoni dalla prima classe del liceo invece non mi convince – prosegue Licia Coppo -. Anzi, il divieto sancisce di fatto il fallimento di una politica educativa, sia della famiglia che della scuola. Significa un po’ alzare bandiera bianca, ammettere di non essere riusciti a educare all’uso corretto della tecnologia i nostri figli. La scuola può fare molto in questo senso; pur lodevoli, le lezioni una tantum della polizia postale non sono sufficienti a informare ed educare i ragazzi; bisognerebbe valorizzare le ore di tecnologia, impiegarle per arrivare a un corretto utilizzo dei tanti dispositivi, ma anche dei rischi, dei reati nei quali si può incorrere. L’uso ossessivo del cellulare in classe deve però farci riflettere sulle motivazioni. Perchè lo studente si distrae in classe e si perde dietro al cellulare? Per noia, forse. Sono fermamente convinta che se in classe si affrontano argomenti interessanti, con lezioni attive, coinvolgendo gli studenti, ecco che gli smartphone rimangono in tasca o nello zaino.
Bandire un cellulare è a mio avviso un messaggio diseducativo; le giovani generazioni oggi hanno stimoli da più parte; forse un po’ di deficit di attenzione c’è ma un uso equilibrato dei dispositivi che non narcotizza i giovani è utile. Le tecnologia ha anche abituato i giovani a un confronto inclusivo e multiculturale; questo è un fattore estremamente positivo. I ragazzi oggi costruiscono la propria identità anche attraverso l’uso delle tecnologie e in particolare dello smartphone; mettere al mando il cellulare sarebbe sottrarre loro un’opportunità. E’ importante invece educare a un uso consapevole; un po’ come si fa con il coltello. A cinque anni non si dà uno strumento pericoloso in mano a un bambino; più avanti, gli si insegna a usarlo in modo critico, fino a quando sono in grado, in sicurezza, di farlo da soli. In fondo, non è neanche positivo che a 15 anni, sia il genitore a tagliare la bistecca al proprio figlio perchè il coltello è pericoloso. Con la tecnologia il principio è lo stesso».
(cinzia timpano)