Tunisina di Verrès scrive a Salvini: «Per il ‘tuo’ decreto non sarò italiana»; il ministro le risponde: «Sbagli, la tua pratica è andata a buon fine»
Refka Znaidi, 24 anni, residente a Verrès punta il dito contro il decreto 'Sicurezza e immigrazione', facendosi portavoce delle istanze di tante persone che affrontano i tempi lunghi per ottenere la cittadinanza.
Una giovane tunisina residente a Verrès scrive al vice premier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, puntando il dito contro il decreto ‘Sicurezza e immigrazione’.
Lo fa a nome suo e di altre ragazze, da Emanuela a Elizabeht che aspettano da tempo una risposta alla loro domanda di cittadinanza.
E’ Refka Znaidi, 24 anni, studentessa che si occupa di Affari Europei, che sogna di diventare un funzionario della Farnesina e che per un breve periodo ha collaborato anche con la nostra testata Gazzetta Matin.
Il j’accuse della studentessa
«Con questo decreto Lei non sta punendo chi non rispetta la legge e non sta ostacolando chi ne abusa o chi la strumentalizza – ha scritto Refka a Salvini nella missiva portata alla ribalta dal Corriere della Sera e da altri quotidiani -.
Con questo decreto, Lei sta creando discrimine laddove si cerca integrazione, intralciando il percorso di chi non ha nessuna colpa e desidera continuare onestamente la propria vita in questo Stato. Probabilmente Lei non leggerà nemmeno la mia lettera, forse non prenderà minimamente in considerazione ciò che ho espresso; ma dovevo pur tentare perché qui si tratta della mia vita e di quella di tanti altri italiani come me».
La replica del ministro dell’Interno
E invece il ministro Salvini Le ha risposto.
«Sono felice di comunicarti l’esatto contrario – L’istanza ha avuto parere positivo: il decreto di concessione della cittadinanza è alla firma del presidente della Repubblica. Ciò dimostra – ha aggiunto il ministro – che le tue preoccupazioni erano infondate, esattamente come molte critiche sollevate nei confronti del mio lavoro».
La contro replica della ragazza
«Grazie per la risposta – ha replicato Refka – ho preso me ad esempio per parlare dei tanti che si trovano nella mia situazione, se non in una situazione peggiore. Penso al caso di Emanuela Obazzee e A Elizabeth Arquinio, che hanno avanzato domanda di cittadinanza da tempo e che dovranno attendere altri due anni; Elizabeth, come me, non potrà accedere a concorsi della pubblica amministrazione e/o percorsi professionali e accademici di livello europeo. «Ciò che viene negato a noi stranieri è la possibilità di pianificare il nostro futuro, la possibilità di partire ad armi pari rispetto a chi è cittadino: ora il tempo in cui questo diritto ci viene negato è aumentato».
La studentessa di Verrès lamenta anche la poca trasparenza rispetto al percorso che la cittadinanza compie durante il suo procedimento burocratico e conclude, «se anche il mio decreto è stato firmato, è accaduto con sette mesi di ritardo, mi permetta di sottolineare che certe scadenze dovrebbero essere rispettate.
Le paure mie e di milioni di stranieri sono tutt’altro che infondate. La cittadinanza è necessaria per lavorare e per studi internazionali. Non mi sono esposta solo per ragioni personali, l’ho fatto per tutti coloro che si vedono ostacolati da una politica che inspiegabilmente avversa l’integrazione».
La lettera di Refka
Onorevole Ministro,
mi chiamo Refka, sono una giovane ragazza tunisina che vive nella bellissima Italia da quindici anni.
Sono cresciuta tra italiani, ho mangiato cibo italiano, ho stretto amicizie con italiani, ho svolto tutto il mio percorso scolastico e accademico in Italia; dopo così tanti anni, ritengo di essere perfettamente integrata nella società italiana e di appartenere a questo popolo che mi ha dato tanto e a cui ho dato tanto.
Sono una ragazza con grandi ambizioni e ho investito molto nei miei studi.
Ho faticato per poter frequentare un corso di studi accademici, che sta sempre più diventando un privilegio per pochi.
Grazie alla mia determinazione e al sostegno della mia famiglia, sono riuscita a ottenere i requisiti necessari a realizzare le mie aspirazioni: poter lavorare per lo Stato italiano e servirlo, consapevole della possibilità avuta di vivere una vita dignitosa e serena. Mi permetta di spiegarLe la mia situazione.
Ho presentato domanda di cittadinanza due anni e cinque mesi fa; mancava davvero poco per poter diventare una cittadina italiana e poter continuare il mio percorso di studi come avevo programmato, ma ecco che arriva il cambiamento che ha deciso il mio destino: il decreto “Sicurezza e immigrazione”.
In virtù di questo decreto dovrò aspettare ancora un anno e sette mesi e non potrò partecipare a nessun concorso, tantomeno a quello che sogno da sempre che permette di diventare funzionario della Farnesina.
Tanti direbbero che si tratta di un sogno pretenzioso per un immigrato; per me invece è un desiderio legittimo che si inserisce nel mio progetto di vita.
La legge italiana per l’acquisizione della cittadinanza era già complessa e con tempistiche inspiegabilmente lunghe.
Ora con il nuovo decreto, ottenere la cittadinanza è diventato un processo estremamente lento.
Quando ho presentato la domanda, ero convinta di chiedere il riconoscimento di un diritto acquisito; adesso mi sento come se avessi chiesto la concessione di un privilegio immeritato. Io, come tanti, la cittadinanza sento di meritarla: è diventata un nostro diritto dal momento in cui viviamo e rispettiamo la legge di questo Paese; dal momento in cui paghiamo le tasse, come tutti i cittadini italiani; e dal momento in cui la legge italiana ha effetti su di noi.
Perché un decreto così estremo? Perché allungare il tempo di attesa dell’istruttoria per la cittadinanza da due a quattro anni? Perché modificare i criteri per l’acquisizione della cittadinanza a seguito di matrimonio con cittadino italiano?
È questo il modo di rendere l’Italia un Paese migliore?
A me sembra un modo per tenere dei soggetti “a parte” per ben quattro anni, per individuare degli extracomunitari e mantenerli fuori dalla comunità italiana secondo un principio discriminatorio. Ma noi non siamo extracomunitari, noi apparteniamo al popolo italiano.
Mi permetto di dirLe, Onorevole Ministro che il decreto che è stato votato, vìola i diritti di tutti coloro che risiedono legalmente in Italia e che rispecchiano la categoria di chi Lei definisce ‘immigrato amico’: onesti contribuenti, lavoratori regolari, integrati nella società italiana, insomma dei veri e propri “cittadini”, con tutto il paradosso che accompagna ormai questo termine.
Con questo decreto Lei non sta punendo chi non rispetta la legge e non sta ostacolando chi ne abusa o chi la strumentalizza. Con questo decreto, Lei sta creando discrimine laddove si cerca integrazione, intralciando il percorso di chi non ha nessuna colpa e desidera continuare onestamente la propria vita in questo Stato.
Probabilmente Lei non leggerà nemmeno la mia lettera, forse non prenderà minimamente in considerazione ciò che ho espresso; ma dovevo pur tentare perché qui si tratta della mia vita e di quella di tanti altri italiani come me.
Nella foto dalla pagina FB ‘Italiani senza cittadinanza’, Refka Znaidi.
(c.t.)