Studio zooarcheogenetico: l’uomo ha sfruttato troppo tonno rosso
Roma, 30 mag. (askanews) – Un nuovo studio zooarcheogenetico rivela che la pesca eccessiva dovuta all’azione di un elevatissimo numero di tonnare attive per numerosi secoli nel Mediterraneo ha lasciato un’impronta di erosione genetica e demografica sul tonno rosso (Thunnus thynnus), una delle specie marine più iconiche e sfruttate al mondo. La scoperta arriva dai ricercatori dell’Università di Bologna che, conducendo analisi genomiche su campioni archeologici e contemporanei, hanno tracciato un quadro che cambia le conoscenze sull’impatto antropico sul tonno rosso e sugli ecosistemi marini in millenni di storia umana.
L’indagine, condotta su 49 campioni moderni (ottenuti tra il 2013 e il 2020) e 41 antichi (risalenti fino a 5.000 anni fa), provenienti da diverse aree del Mediterraneo e dell’Atlantico ha dimostrato che il tonno rosso del Mediterraneo ha iniziato a subire un’erosione genetica e un declino demografico circa un secolo prima del sovrasfruttamento dovuto alla pesca industriale (iniziato a partire dalla seconda metà del secolo scorso), segnando una discontinuità rispetto ai millenni precedenti.
“La nostra ricerca dimostra come la pressione antropica legata ad un eccessivo sfruttamento storico del tonno rosso abbia inciso in modo profondo non solo sull’abbondanza del tonno rosso, ma anche sulla sua struttura genetica, che fino al XIX secolo era rimasta sorprendentemente stabile”, spiega Adam Andrews, autore principale dello studio.
Tra i risultati più sorprendenti, è emersa una condivisione genetica tra tonni pescati in Norvegia e nel Mediterraneo orientale con quelli del Golfo del Messico, indicando che queste aree di riproduzione atlantiche sono fondamentali per il mantenimento della diversità genetica della popolazione mediterranea. Tuttavia, modelli demografici basati sul DNA mostrano che il declino della popolazione mediterranea è iniziato già nel XIX secolo.
Lo studio, frutto di una collaborazione internazionale tra biologi marini, genetisti e archeozoologi rappresenta un esempio concreto di come l’integrazione tra scienze del passato e sfide del presente possa guidare strategie più efficaci per la tutela delle risorse marine. Le analisi sono state condotte presso il Laboratorio del DNA antico (aDNA Lab) dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, uno dei pochi laboratori in Italia conformi agli standard internazionali per la manipolazione di DNA altamente degradato, come quello estratto da reperti antichi e storici.