‘ndrangheta, la relazione della Dia: «Sancita l’esistenza di un locale in Valle d’Aosta»
Lo si legge nel documento consegnato al Parlamento, che ripercorre i passaggi essenziali delle motivazioni della sentenza d'appello Geenna per gli imputati giudicati con rito abbreviato
«L’evoluzione giudiziaria ha di fatto sancito l’esistenza di un “locale” di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. In particolare, nel semestre in esame (il primo del 2022, ndr), la Corte d’Appello di Torino, l’11 gennaio, ha depositato le motivazioni di secondo grado del rito abbreviato relativo alla richiamata operazione “Geenna” con le quali i Giudici sostengono che “deve ritenersi provata l’esistenza, nel territorio della Valle d’Aosta, nel periodo in contestazione, di una associazione mafiosa denominata locale di Aosta”». Lo scrive la Direzione Investigativa Antimafia nella relazione semestrale al Parlamento. La rilevazione fa riferimento ai primi sei mesi del 2022.
Il documento è stato pubblicato a una settimana dal giudizio in Cassazione del processo Geenna per gli imputati giudicati con rito abbreviato. A gennaio, la Suprema Corte aveva assolto in via definitiva l’ex consigliere regionale Marco Sorbara dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e annullato con rinvio le condanne dell’ex assessora comunale di Saint-Pierre Monica Carcea (accusata di concorso esterno), del ristoratore Antonio Raso, dell’ex consigliere comunale di Aosta Nicola Prettico e del dipendente del Casinò di Saint-Vincent Alessandro Giachino. Si tratta dei cinque imputati che hanno scelto il rito ordinario. Le motivazioni della sentenza della Cassazione non sono ancora state depositate.
Raso, Prettico e Giachino devono rispondere di associazione mafiosa. I tre hanno lasciato il carcere il 31 marzo. L’appello bis non è ancora stato fissato.
I dati
Nel primo semestre del 2022 è stato emesso un provvedimento interdittivo in Valle d’Aosta. Nello stesso periodo del 2021 erano stati tre.
Per quanto riguarda le operazioni segnalate, 99 sarebbero direttamente attinenti alla criminalità organizzata. I reati spia segnalati, in Valle d’Aosta, sono stati 161. Complessivamente, riguardano lo 0,08% del totale delle operazioni finanziarie.
Gli ambiti
«Gli ambiti criminali in cui opera la ‘ndrangheta in Piemonte e in Valle d’Aosta – si legge – afferiscono al traffico di sostanze stupefacenti, alle estorsioni e all’usura, nonché alle truffe».
La relazione, quindi, prosegue e aggiunge altri elementi. «Si inserisce (la ‘ndrangheta, ndr) inoltre nei settori finanziari leciti allo scopo di effettuare operazioni di riciclaggio di capitali illecitamente acquisiti e nel campo dell’edilizia sia pubblica, sia privata, con particolare interesse alla partecipazione nell’appalto di grandi opere».
Di più. «Sempre più spesso emergono collegamenti con esponenti della criminalità locale ed, in particolare, con soggetti di etnia sinti». Tali soggetti, «in talune circostanze, hanno svolto una funzione sussidiaria specie nel reperimento di armi da fuoco».
La relazione della Dia
Nella relazione vengono riprese le motivazioni della sentenza d’appello per gli imputati giudicati in abbreviato. In Appello, a Torino, i giudici avevano inflitto 11 condanne. «In sintesi, il locale di ‘ndrangheta, per i giudici della prima sezione penale della Corte d’Appello, non solo è esistito ma “attraverso una rete di rapporti improntati ad una costante azione, espressione di pressione e intimidazione”, per quanto esercitati “senza il ricorso ad atti marcatamente violenti”, è anche riuscito “di fatto a costruire una rete di relazioni, connivenze, rapporti con istituzioni e con esponenti con ruoli di interesse in settori importanti delle attività economiche e politiche”, funzionali “alla creazione di quel tessuto connettivo necessario per realizzare gli scopi e le finalità di un’associazione di tipo mafioso”». Lo si legge nel documento della Dia.
Non solo. «Specifico riferimento è stato rivolto dai giudici all’individuazione dei vertici, nonché alle figure principali che hanno svolto un ruolo di “intermediario tra gli affiliati ‘ndranghetisti presenti nella Regione e le cosche calabresi”. Sempre dalle motivazioni in esame si apprezza come la Corte abbia argomentato il “mutamento dei rapporti e dei collegamenti con la ‘casa madre calabrese” che ora vedrebbe il baricentro della “cellula” insediata in Valle “spostato dalla ‘ndrangheta tirrenica a quella ionica e, in particolare, al locale di San Luca”».
La relazione della Dia
E ancora. «Di sicuro rilievo, è la disamina dei settori economici infiltrati dalla mafia: “molteplici settori risultano concretamente condizionati da attività e strategie riferibili all’associazione”, segnatamente quelli “dell’edilizia privata e del commercio ambulante di generi alimentari, quello delle concessioni e degli appalti pubblici con l’ingerenza nella vita politica del territorio volta ad ottenere vantaggi in termini di commesse lavorative da enti pubblici”. A tali ambiti – prosegue la sentenza – “si aggiunge l’intervento del sodalizio nel settore politico, proponendosi come organismo convogliatore di voti da indirizzare a plurimi candidati in campagne elettorali amministrative e regionali in cambio di utilità”».
Alibante
Nel documento viene citata anche l’operazione Alibante. «Ulteriori elementi circa la presenza nel territorio valdostano di consorterie ‘ndranghetiste erano già emersi dagli esiti dell’operazione “Alibante” (2021), riguardante l’operatività in Val d’Aosta della cosca Bagalà, il cui procedimento è attualmente in corso a Catanzaro».
Altanum
La relazione pone l’attenzione anche sulla sentenza Altanum. «Sempre nel medesimo contesto di criminalità organizzata calabrese, si deve dare contezza della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria che, il 4 maggio 2022, in relazione all’operazione “Altanum”, ha confermato la decisione di primo grado per 5 imputati di associazione mafiosa ed estorsione. La sentenza ha tuttavia riformato l’imputazione relativa ad un omicidio così assolvendo tutti gli indagati. L’inchiesta aveva riguardato la “guerra di potere” tra due storici gruppi ‘ndranghetisti di Cittanova e San Giorgio Morgeto: i Facchineri e i Raso, coinvolti in un tentativo di estorsione ai danni di un imprenditore valdostano».
Altri gruppi criminali
Non solo ‘ndrangheta nella relazione al Parlamento. «Da ultimo, per quanto attiene alla criminalità di matrice straniera, non risultano consorterie strutturate ma sono presenti gruppi di etnia albanese ed africana che operano prevalentemente nel traffico di sostanze stupefacenti, nello sfruttamento della prostituzione e nella commissione di reati contro il patrimonio. Recenti operazioni condotte dalle forze di polizia hanno confermato che le organizzazioni criminali albanesi, nei circuiti del narcotraffico internazionale, rivestono un ruolo sempre più centrale».
(t.p.)